Da Cardano al Campo alla Nasa per progettare i robot che sbarcheranno sulla Luna
Federico Rossi, ingegnere 33enne, lavora al Jet Propulsion Laboratory di Pasadena (California) e sta scrivendo un algoritmo che servirà ad esplorare la Luna

Una laurea al Politecnico di Milano, un dottorato all’università di Stanford, uno stage alla Nasa che poi si è trasformato in assunzione. In estrema sintesi, ecco la storia di Federico Rossi, classe 1988 da Cardano al Campo, che da dieci anni vive sulla costa occidentale degli Stati Uniti. Dove oggi sta lavorando a dei robot che l’agenzia spaziale americana conta di spedire sulla Luna nel 2024.
«La mia area di ricerca», racconta a VareseNews, «riguarda le modalità di coordinare più robot affinché lavorino bene insieme». Ad esempio perché si coordinino tra di loro per esplorare una zona sconosciuta, come può essere la superficie di un satellite. O magari, in un futuro prossimo, di un pianeta (rosso).
«Semplificando», prosegue, «dalla Terra noi premeremo un pulsante che darà alle macchine l’ordine di esplorare la superficie lunare e i quattro robot decideranno in autonomia dove andare, creeranno una mappa condivisa della regione e, se uno avrà un consumo maggiore di batteria, gli altri tre lo aiuteranno muovendosi di più e facendolo “riposare”». L’idea è quella di «spingere l’autonomia il più possibile», limitando al minimo la necessità di un intervento umano.
L’ingegnere cardanese sta in buona sostanza scrivendo l’algoritmo che servirà a coordinare l’attività degli automi che dovrebbero partire alla volta del nostro satellite nell’ambito della missione Cadre. E lo sta facendo al Jet Propulsion Laboratory del California Institute of Technology di Pasadena, uno dei luoghi simbolo dell’esplorazione spaziale. «Tutto quello che sappiamo sul sistema solare esterno (quella parte che sta al di là della fascia di asteroidi compresa tra le orbite di Marte e Giove, ndr) lo sappiamo grazie a sonde che sono state progettate e costruite qui». Un vero e proprio tempo dell’esplorazione robotica dello spazio, in altre parole: «se vuoi far atterrare un rover su Marte, non ci sono molti altri luoghi dove andare (ride, ndr)». Insomma, lavorare qui «per me è un sogno».
Sposato con una compagna di università dei tempi del Politecnico, anche lei ricercatrice al Jpl, in questi giorni Rossi è uno dei finalisti del Franco Strazzabosco Award for Research in Engineering, uno dei premi che saranno consegnati il 9 dicembre durante l’evento annuale di Isnaff, fondazione che raggruppa 4mila scienziati e accademici italiani attivi in Nord America.
Niente che lo distragga però da quella che sarà la sua prima missione di volo. La prima volta, cioè, che qualcosa che ha progettato lascerà il pianeta alla volta dello spazio. Un progetto, però, che potrà avere applicazioni pratiche anche sulla Terra. Ad esempio in quelle situazioni in cui sia necessario realizzare in fretta delle mappe, magari non esattamente in condizioni di sicurezza per gli esseri umani. «Penso alle operazioni di soccorso, magari all’interno di una grotta». Sviluppi futuri, però. Per adesso ci sono un algoritmo da scrivere, un premio da vincere e una missione di esplorazione della Luna da portare a termine.
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