Insegnante indagata perché senza laurea, “è provata per l’eccessiva esposizione mediatica”
Parla il legale della donna accusata di falso e truffa ai danni dello Stato. Pronta la strategia difensiva ma soprattuto un’istanza per ridimensionare l’entità del patrimonio sequestrato
Un’accusa non è una condanna, anche sei reati contestati hanno robuste basi indiziarie.
E i commenti in quella bolgia indistinta rappresentata dai social fanno male, anche in presenza di elementi importanti e riscontri usciti da una minuziosa attività di ricostruzione da parte della guardia di finanza di Varese. I militari hanno operato su delega dell’autorità giudiziaria dopo quello che sembrava un intoppo legato ad un controllo a campione seguito alla presentazione dei titoli per partecipare a un concorso, due estati fa.
La donna accusata di aver insegnato per 21 anni alle medie senza laurea nelle materie che a sentire i colleghi padroneggiava – matematica e biologia – è provata, distrutta, proprio «da questa estesa esposizione mediatica alla quale è stata sottoposta».
Lo spiega il suo difensore, l’avvocato varesino Giovanni Grassi che spiega una situazione difficile e sottolinea che, anche in ragione della fase delle indagini preliminari, vale sempre la presunzione di innocenza, per chiunque.
È tuttavia probabile che la prosecuzione sul piano della procedura penale di questa vicenda arrivi anche abbastanza velocemente a una fase più avanzata attraverso un rito alternativo cui la difesa sta riflettendo.
Ma ancor prima, spiega l’avvocato, «vi è intenzione di una mitigazione della misura cautelare reale», cioè il sequestro conservativo ai fini di confisca che ha riguardato il patrimonio della docente per 350 mila euro, cioè il palesarsi in termini economici di quella “truffa ai danni dello Stato“ che altro non è se non la contestazione di aver percepito stipendi, trattamenti di fine rapporto e versamenti previdenziali per un periodo così lungo.
Questo è l’appunto su cui la difesa sta muovendosi: sarebbe troppo alta la cifra messa sul piatto dai magistrati, per la quale il legale chiede una ridefinizione per “liberare“ una parte del patrimonio posto sotto sequestro (soprattutto denaro e immobili).
«Le strade che la procedura consente di seguire sono un’istanza, che presenterò entro questa settimana, proprio per ridefinire l’entità del sequestro. In alternativa l’impugnazione del provvedimento, per la quale comunque i tempi sono ristretti, entro 10 giorni dalla esecuzione del provvedimenti, avvenuta l’11 gennaio».
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