Il Natale che rivorrei
di Anna Rosa
Quest’anno l’albero l’ho fatto da sola. In silenzio. Nel trambusto dei miei pensieri, incessante. E i ricordi tornano, prepotenti. Cammino a passi lenti. La strada, coperta da un leggero strato di ghiaccio, è scivolosa. I gialli e i rossi dell’autunno hanno lasciato il posto a un cielo gonfio di neve e a una nebbiolina rarefatta che si attacca alla gola. Ansimo per la salita e nuvolette di vapore si formano a ogni respiro. Raggiungo il Belvedere e osservo tra i rami spogli la città in lontananza e le sue luci. Immagino il brulichio della gente per le strade, la frenesia della ricerca di non so cosa. Sto lontana dalla confusione: ho bisogno di ordine. Un uomo arrostisce le ultime castagne. L’aria è pungente. Avvicino le mani alla bocca per scaldarle. Mi appoggio alla balaustra e guardo intorno. Cerco il Natale. Le vecchie case del piccolo borgo mostrano i segni della festa in arrivo: il fumo dai comignoli racconta di camini accesi e tavole imbandite. Sui balconi luci fioche di piccole candele, rami di pino, nastri rossi e oro sulle porte. L’atmosfera è quasi perfetta. Manca solo la neve, penso. Il suono improvviso delle campane richiama figure imbacuccate dalle viuzze per andare alla Messa, in mano lanterne che disegnano ombre e chiarori nel buio sceso all’improvviso. Mi unisco con fare da turista. All’entrata, in un tronco cavo, tra muschio e pagliuzze la Sacra Famiglia illuminata da piccole lampadine. Un bue e un asinello un po’ scoloriti osservano serafici il paesaggio, dimentichi di scaldare il Bambinello che, tra la Madonnina e Giuseppe, sgambetta nella mangiatoia, nudo, incurante del freddo. Una grande stella cometa di brillantini domina la volta celeste dipinta di blu. Da una montagna di carta roccia scendono solenni i Re Magi accompagnati da tre cammelli sonnacchiosi e ai loro piedi un esercito di pastorelli con il gregge, in precario equilibrio tra i sassolini bianchi. La luce soffusa e i canti mi portano indietro nel tempo quando, bambina, aiutavo mia madre a decorare la casa. Ricordo il pranzo di Natale, l’albero vicino alla finestra carico di addobbi, la tovaglia di lino rosso con i ricami, il servizio di piatti buono, quello del matrimonio dei miei genitori, i bicchieri di cristallo e le posate tirate a lucido. In mezzo alla tavola gli antipasti di salumi e formaggi, il paté comprato da Peck a Milano, i tortellini in brodo della nonna, l’odore intenso dell’arrosto con patate, la mostarda e i fichi secchi per il nonno, il profumo del panettone scaldato nel forno. Mamma instancabile e sorridente, mai seduta a tavola con noi. Ogni cosa a suo posto. Nessuna sedia vuota. In un giorno si riempivano spazi vuoti di mesi. Esco. Il profumo di vino cotto e cannella mi avvolge. Lo respiro fino in fondo. La neve scende lenta sui tetti, sui gradini del sagrato, sui davanzali delle finestre. E sui miei ricordi che trovano pace. Adesso è Natale.
Racconto di Anna Rosa Confalonieri (www.ilcavedio.org)
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