È incensurato il giovane trovato morto nel torrente a Rancio Valcuvia

Si allontana l’ipotesi di una morte legata all’ambiente dello spaccio nei boschi. Il pubblico ministero attende l’esito dell’autopsia dal quale verranno evidenziate le cause del decesso

La squadra del Cnsas specializzata nel soccorso in forra

La causa della morte dell’uomo di 29 anni trovato cadavere, semi affondato in una pozza del torrente Rancina nella mattinata di venerdì sarà definita con precisione dall’esame disposto dal pubblico ministero di Varese Lorenzo dalla Palma che ha dato il nulla osta per il trasferimento del corpo alla medicina legale di Varese. Un primo esame cadaverico era già stato eseguito sul posto e da quanto trapela non avrebbe fatto emergere particolari richiami ad un fatto violento, anche se è chiaro che solo una analisi più approfondita, dunque un’autopsia, potrà definire il nesso causale del decesso: il corpo non era in acqua da parecchio tempo e non presentava segni di decomposizione o deperimento particolari.

Fino alla serata di venerdì erano ancora prive di verifiche le precise generalità, tuttavia già nella mattinata di sabato gli investigatori erano in grado di escludere precedenti penali a carico del 28enne di origini marocchine: risulta incensurato dai database in uso alle forze dell’ordine che, tanto per intenderci, non identificano un soggetto solo per procedimenti penali in corso o addirittura passati in giudicato, ma permettono di evidenziare anche i cosiddetti “precedenti di polizia” cioè i controlli sul territorio delle pattuglie, le identificazioni a richiesta di documento e altri elementi che ricostruiscono il “dna“ sociale di un soggetto.

Da questo si desume che il giovane non avrebbe attinenza col sottobosco di spaccio di sostanze stupefacente. Difatti in queste aree delle valli la Territoriale dei carabinieri, i Cacciatori, ma anche i livelli investigativi superiori appuntano non solo un fiorire e rifiorire continuo di postazioni di spaccio in fregio alle principali vie di comunicazione della zona (e la Sp62, il Brinzio”, è tristemente famosa per essere una di queste), ma anche la presenza certificata in sede di fermo per identificazione e spesso in quella successiva, anche processuale, della provenienza dei “cavalli“ dello spaccio da una specifica area dell’Atlante, la città di Béni Mellal, in Marocco, e dei suoi dintorni.

Ma, come si accennava, in questo caso la corrispondenza della provenienza col contesto generale (e la natura) del decesso suonerebbe stonata: il giovane aveva in corso le pratiche per la sua regolarizzazione sul territorio nazionale. Cosa ci facesse in un’area boschiva, non distante dalla zona dell’acquedotto, ancora non si sa. Solo le indagini in corso e gli accertamenti successivi potranno svelare i contorni di una vicenda ancora indefinita.
(nell’immagine, un soccorso in forra da parte del Soccorso alpino, che venerdì era sul posto insieme ad unità saf dei vigili del fuoco)

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 08 Marzo 2025
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