Epilessia e cura sartoriale: l’epilettologa del centro Beccaria di Varese spiega l’importanza delle terapie personalizzate
La dottoressa Gabriella Perri, neurologa e neurofisiopatologa con una specializzazione specifica sull’epilessia, parla di una malattia cronica con cui, grazie ai farmaci corretti, si può convivere
L’epilessia è una malattia neurologica tra le più frequenti. Si stima che interessi una persona ogni cento. In Italia, quindi, ne sono affette tra i 500.000 e i 600.000 individui. L’Organizzazione Mondiale della Sanità la definisce malattia sociale perché, ancora oggi nel 2025, è accompagnata da uno stigma forte. Molti pazienti preferiscono non parlarne, per timore di pregiudizi o discriminazioni.
Nonostante la storia racconti che personaggi storici come Giulio Cesare, Napoleone o Dostoevskij ne abbiano sofferto, il pregiudizio persiste: «La crisi epilettica, perché imprevedibile e visibile, mette il paziente in una condizione di estrema vulnerabilità». A spiegarlo è la dottoressa Gabriella Perri, neurologa e neurofisiopatologa con una specializzazione specifica sull’epilessia, che riceve al centro Beccaria di via Marrone a Varese. Grazie alla lunga esperienza all’ospedale di Garbagnate ha costruito una rete ampia di collaborazioni, tra cui il Centro Munari dell’Ospedale Niguarda tra i pochissimi centri specializzati sulla chirurgia dell’epilessia, e con la rete dei centri DAMA.
Come si manifesta l’epilessia?
«L’epilessia è caratterizzata dal ripetersi di crisi epilettiche, cioè manifestazioni cliniche dovute a scariche anomale e improvvise dei neuroni cerebrali. Possono durare da 20 secondi fino a un paio di minuti e possono essere molto diverse tra loro», chiarisce l’epilettologa. «Quelle più note sono quelle definite come “grande male”, in cui il paziente cade a terra, si irrigidisce e ha scosse agli arti. Si tratta di crisi generalizzate, che coinvolgono ampie aree del cervello. Ma ci sono anche le crisi focali, che partono da aree circoscritte e possono manifestarsi in svariati modi, ad esempio, l’irrigidimento di un arto, movimenti involontari della bocca, un senso improvviso di estraneità o l’assenza di contatto con l’ambiente».
Per parlare di epilessia occorrono almeno due episodi, in periodi distinti, anche lontani nel tempo.
Cause e diagnosi
La dottoressa Perri elenca una serie di cause, direttamente collegate agli episodi epilettici
•Genetiche: forme ereditarie o mutazioni specifiche.
•Strutturali: traumi cranici, lesioni cerebrali, malformazioni, ictus.
•Infettive: encefaliti o altre infezioni cerebrali.
•Metaboliche: squilibri come l’iponatriemia (sodio basso).
•Immunitarie: encefalopatie autoimmuni, di recente maggiore interesse clinico.
• Tumori
• Sconosciute: in alcuni casi, la causa non è identificabile.
In genere, l’esordio della malattia avviene in modo inaspettato. In questi casi, ci si rivolge al pronto soccorso che avvia gli accertamenti.
Per arrivare alla diagnosi di epilessia, la prima cosa essenziale è l’anamnesi: « Un’anamnesi scrupolosissima con la descrizione del o degli eventi – commenta la specialista del Centro Beccaria – Seconda cosa l’indagine strumentale, l’elettroencefalogramma basale. Se questo è negativo, si va avanti, con l’elettroencefalogramma da privazione di sonno e poi si prosegue andando a registrare l’episodio attraverso encefalogrammi speciali come quello dinamico, che è una sorta di Holter, fino ad arrivare alla risonanza magnetica, preferibilmente a 3 Tesla, per identificare lesioni cerebrali».
Gli epilettologi consigliano di filmare il momento della crisi: « È chiaro che ci debba essere una persona accanto, capace di reagire lucidamente e avviare la registrazione. Per noi medici specialisti, però, poter valutare l’entità e le modalità della crisi, attraverso una registrazione, è molto importante».
Terapie farmacologiche e personalizzazione
Oggi l’epilessia prevede una presa in carico globale e una personalizzazione delle cure: «Abbiamo a disposizione una vasta gamma di farmaci antiepilettici. La scelta dipende da molti fattori: tipo di crisi, età, sesso, comorbidità, altri farmaci assunti e stile di vita del paziente. La terapia deve essere cucita su misura, come dicono gli anglosassoni: tailored therapy», sottolinea la dottoressa Perri.
Un esempio concreto è la gestione dell’epilessia nelle donne in età fertile: «Alcuni farmaci interferiscono con la contraccezione o possono essere teratogeni ( possono avere ripercussioni sul feto), perciò è necessario un approccio condiviso con la paziente. Durante la gravidanza, inoltre, vanno adeguati i dosaggi, sempre sotto controllo dell’epilettologo che affianca il ginecologo per tutta la fase di gestazione».
L’epilessia è per sempre?
«L’epilessia è una malattia cronica. In molti casi, il paziente raggiunge un buon controllo con i farmaci, che può mantenere a lungo termine, per esempio come con la terapia antipertensiva», spiega la dottoressa.
Quando si può ricorrere alla chirurgia?
«Circa il 30% dei pazienti, però, è farmacoresistente, cioè non risponde alle terapie. In questi casi, dopo approfonditi accertamenti, alcuni possono essere candidati alla chirurgia dell’epilessia, praticata in centri altamente specializzati come il Centro Munari di Niguarda a Milano», riferisce la specialista.«Circa il 30% dei pazienti, però, è farmacoresistente, cioè non risponde alle terapie.
In questi casi, dopo approfonditi accertamenti, alcuni possono essere candidati alla chirurgia dell’epilessia, praticata in centri altamente specializzati come il Centro Munari di Niguarda a Milano», riferisce la specialista.
«L’intervento consiste nell’asportazione dell’area cerebrale responsabile delle crisi. Quando ha successo, il paziente può arrivare a sospendere anche la terapia farmacologica. Tuttavia, non tutti sono candidabili: l’intervento è possibile solo se la malattia si manifesta in forme focali e non in quelle generalizzate o con focolai bilaterali o coinvolgenti aree critiche come il linguaggio».
Ai primi segnali rivolgersi al medico curante
«Di fronte a sintomi sospetti, è fondamentale rivolgersi al medico curante, che potrà indirizzare il paziente verso uno specialista. L’epilessia si può curare, ma per farlo servono consapevolezza, tempestività e un lavoro di rete tra medicina di base e specialistica. E soprattutto, abbattere lo stigma».
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