Scarpe di moda cinesi, maxi evasione all’italiana

La Guardia di finanza ha scoperto un’associazione a delinquere con maxi frode fiscale. Sequestrati Beni per oltre 700.000 euro. facevano scarpe di moda, anche nel varesotto

La compagnia della guardia di finanza di Olgiate Comasco, a seguito dell’approfondimento investigativo di una segnalazione di operazioni sospette di riciclaggio, ha condotto, con la collaborazione anche delle polizie locali del territorio, un’attività di intelligence con l’analisi di rischio del tessuto produttivo e dell’affermazione economica e dell’interazione del familismo imprenditoriale da parte degli immigrati di origine cinese.
L’operazione, che ha visto impegnati i militari delle fiamme gialle per quasi 8 mesi nel territorio della bassa comasca, ha interessato 5 ditte individuali operanti tra le province di Como, Milano e Varese, nel settore della produzione, confezionamento e vendita di calzature di alta moda.
Gli sviluppi investigativi hanno permesso di scoprire un sodalizio, a gestione familiare,
finalizzato a commettere più delitti di frode fiscale e violazioni alle norme sul lavoro e
sull’immigrazione clandestina. La gdf ha denunciato sei cittadini di nazionalità cinese, per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale per i reati tributari di dichiarazione
fraudolenta, infedele ed omessa dichiarazione nonché per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sono stati accertare 9 milioni di euro di elementi positivi di reddito e di IRAP sottratti a tassazione e 500.000 euro di IVA evasa;
L’autorità giudiziaria ha emesso un provvedimento di sequestro sui beni degli indagati per un importo di 4,5 milioni di euro e sono state sottoposte a sequestro preventivo tutte le possidenze patrimoniali illecitamente accumulate, tra cui una villa di pregio, un appartamento con annesso box, due SUV, altre due autovetture di grossa cilindrata, rapporti bancari e prodotti assicurativi per un valore superiore a 700.000 euro. L’esecuzione del provvedimento e il minuzioso ed attento impianto accusatorio formulato ha già retto di fronte ad una istanza di riesame prontamente
presentata dalla difesa degli indagati ed è stato dunque confermato nella totalità
dal Giudice del riesame.
Secondo l’ipotesi accusatoria, il sodalizio, attraverso un sistema di frode consistente
nell’apertura e nella chiusura nel breve periodo della partita IVA (da qui il nome
dell’operazione), continuando tuttavia l’attività produttiva nella medesima sede, riusciva ad
eludere i controlli e ad ostacolare l’accertamento.
L’impiego di manodopera irregolare e clandestina completava una gestione
imprenditoriale particolarmente lesiva degli interessi tributari e che produceva distorsione
nel mercato artigianale di settore.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 15 Febbraio 2013
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