La luna
di Elda Caspani
Nel profondo silenzio della notte, là, in una radura del bosco, giaceva il giovane riverso sul prato riarso dalla siccità, il berretto gli era volato via nella caduta.
Gli occhi spalancati guardavano la luna piena, unica testimone di quanto era accaduto, e gli rimaneva poco tempo prima che la sua anima, in una ondata di energia, uscisse dal corpo.
Non avvertiva alcun dolore, lo stupore del petto trafitto dalla lama faceva sgorgare lentamente il sangue, sicché, pur cosciente di consumare gli ultimi istanti, si guardava attorno nella pace della notte chiara. “Possibile? Come mai sono già arrivato alla fine?”Non si chiedeva “chi, perché”, oramai non importava più.
Nessun alito di vento rompeva il silenzio, ogni uccello notturno aveva interrotto la sua attività per osservare il mistero della trasformazione dell’uomo: da materia a energia universale. Anche la Luna guardava il giovane. “Eccone un altro”.
Lo aveva amato quel giovane, come lui aveva amato lei. Lo aveva seguito fin dai suoi primi passi: il suo visetto sempre rivolto verso l’alto per cercarla, seguirla nel suo eterno viaggio, pronto a salutarla al suo apparire come un amico felice di rivedersi.
E ora eccolo lì. Solo, nella radura, vuota di affetti, con lei come unica amica a illuminare l’ultimo raggio di luce nei suoi occhi.
Il giovane sorrise guardandola, lei c’era. Sapeva.
Il suo tempo stava terminando, non ci sarebbe stato altro futuro, nessun quando … al di fuori di quegli ultimi istanti. Tutto finiva lì. Ma almeno non sarebbe stato al buio fino al momento in cui avrebbe cessato di respirare, e mancava poco.
La Luna : “Da quando sono stata sbalzata in cielo, staccata da quella sfera che sono costretta a seguire mio malgrado, enon mi lascia raggiungere gli altri corpi nello spazio, sono testimone di tante, troppe atrocità. Sono contenta che sul mio suolo non esiste quel minuscolo essere, spesso malvagio, comparso all’improvviso sul pianeta.Purtroppo sono costretta a essere la testimone, vedere tutto quello che accade nel giro di esplorazione quotidiano.”
L’altro uomo, dopo essersi guardato attorno con circospezione, si avviò verso un ruscello che scorreva nelle vicinanze. Era povero d’acqua, ma lui sentiva il bisogno di lavarsi le mani, come se l’acqua potesse lavare il suo delitto. Vi immerse le mani, le soffregò con il terriccio, come altri avevano già fatto prima di lui, nella speranza di togliere la sensazione lasciata dal sangue tiepido, viscido, raggrumato. Sapeva che non sarebbe riuscito a lavarle, ma aveva concluso il suo compito.
Il bosco riprese a respirare e gli uccelli notturni proseguirono la loro consueta attività.
Racconto di Elda Caspani (www.ilcavedio.org), foto di Giorgio Carro
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