Da 60 anni pesco e parlo con Dio. Storia di una famiglia di pescatori

I Bossi sono pescatori del lago di Varese da cinque generazioni. Carlin Bossi ha appena rinnovato la licenza per altri dieci anni

lago perduto pescatori

Questo articolo, scritto il 24 febbraio del 2008 in occasione del 74mo compleanno di Carlin dul Piz, ripercorre la storia della famiglia Bossi, pescatori da generazioni. Quel giorno ci fu il passaggio di consegne tra il capostipite Carlin e il figlio Daniele, la sesta generazione al lavoro sul lago, tragicamente scomparso nella notte tra il 23 e il 24 dicembre 2019. (Michele Mancino)

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Carlin del pizzo di Bodio Lomnago dice di parlare con Dio. Ma non è un pazzo e tantomeno un invasato. Lui con Dio ci parla ogni giorno quando esce sul lago di Varese con la sua barca. E quando non ci parla, lo vede nei pesci che raccoglie dalle sue reti, nei germani che lo scrutano curiosi, nelle montagne rugose che si specchiano nelle acque. Ci parla da sessant’anni, cioè da quando suo padre, Pin dul Piz, anch’egli pescatore, andò a prenderselo alla scuola elementare di Bodio Lomnago. Era il 14 febbraio del 1948. Quel giorno Carlin compiva 14 anni e frequentava ancora la quinta. «Domani lui non viene a scuola – disse il Pin – . Domani lui va a pescare. Stasera ti aspetto al circolo». Fu così che Carlin iniziò la sua vita da pescatore. (foto di Mario Chiodetti)

Oggi Carlo Bossi, detto Carlin, ha 74 anni e ha appena rinnovato la sua licenza di pesca per altri due lustri. La sua è una famiglia di pescatori da cinque generazioni. Gente di lago, capaci di stare fuori giorni e giorni a pescare. Quando le loro barche scendevano in acqua, gli altri dicevano: «Arrivano i pirati». In realtà i Bossi vivevano solo per la pesca, tanto che dal pizzo di Bodio Lomnago non si sono mai allontanati, nonostante alle pareti della casa ci siano stampe egiziane, ippopotami africani e un merlo indiano di nome Maurizio che si zittisce solo quando glielo ordina la Rita, moglie del Carlin, nativa di Cazzago Brabbia, andata in sposa nel 1965 e motore instancabile di questa azienda famigliare. Tre figli, due maschi e una femmina. Vittorio, Mariangela e Daniele, ma solo quest’ultimo ha deciso di seguire la tradizione dei Bossi. Lui ci ha provato ad andare in fabbrica, ma non ce l’ha fatta. Dal capannone non vedeva il lago, non ne sentiva l’odore, ma avvertiva un richiamo irresistibile.
«È bravo il Daniele – dice Carlin – ma faccio fatica a stargli dietro con la barca. Il motivo per cui esco ancora è perché mio figlio ha deciso di fare il pescatore. Oggi non lo si puo’ fare da soli perché peschiamo molto pesce, poco pregiato, che è destinato al macero. Noi lo peschiamo, lo mettiamo nel congelatore e poi lo carichiamo nuovamente in barca e lo portiamo a Calcinate del Pesce. Un lavoraccio che si deve fare almeno in due».

La Rita, invece, quando c’è quello buono lo sfiletta e lo vende ai ristoratori e a chi glielo chiede. Il lago di Varese con il tempo si è trasformato ed è meno pescoso. Sono scomparse le alborelle, il persico è quasi un latitante, l’anguilla un’ombra sgusciante. In compenso ci sono molti pesci gatto e carassi, che non sono certo una prelibatezza, e il temibile pesce siluro, una sorta di squalo d’acqua dolce. Il lavarello è una semplice comparsa. Solo una volta, nel 1950 c’è stata una pesca sensazionale, un vero mistero la loro presenza nel lago di Varese. «Si prendono ancora i boccaloni un paio di quintali l’anno, pochissime anguille. Fino agli anni Quaranta non le ripopolavano e c’erano sempre. Purtroppo i carassi e i pesci gatto mangiano le uova dei persici e dei gobbini, una sciagura un tempo inesistente».

Il Pin dul Piz credeva in Dio, proprio come il suo Carlin che non perde una messa che sia una. Però a differenza di suo figlio un dubbio ce l’aveva: «Ci sarà il lago in Paradiso? E se non c’è, che ci sta a fare lì uno come me che non ha fatto altro che pescare per tutta la vita?».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 24 Febbraio 2008
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