A proposito di voti e di scuola

Vittorio Fabricatore, preside della Dante, interviene sui recenti provvedimenti del ministro Gelmini

Il dibattito che si sta sviluppando in questi giorni meriterebbe qualche approfondimento per metterci in salvo da luoghi comuni o stereotipi.

Mentre la reintroduzione del maestro unico costituisce, a mio avviso, un netto arretramento per la scuola elementare italiana, che ha poco da invidiare a quelle di altri paesi, la reintroduzione del voto nella scuola secondaria di 1° grado potrebbe costituire un buon terreno di riflessione per tutti.

La reintroduzione del voto negli scrutini risponde ad una reale esigenza di semplificazione e di sintesi di cui indubbiamente abbiamo bisogno. Tuttavia, solo la reintroduzione dei voti non è sufficiente, Sarà invece utile anche certificare le competenze acquisite, dunque dettagliare, descrivere il livello raggiunto dagli studenti. E bisogna dire che quando si certifica non si discrimina né si fa alcun torto agli alunni, ma si dichiara in modo esplicito il risultato di un percorso di apprendimento.

E’ esattamente questa la pratica che dovrebbe appartenere alla cultura democratica: chiarezza e trasparenza. E non quella della nebulosità di articolati giudizi dalla ben forbita formulazione linguistica.

Troppo spesso ci si è attardati in formule valutative che velatamente giustificano  i risultati negativi usando formule pedagogiche più o meno discutibili.

Pertanto, meglio distinguere tra risultato finale e processi, perché la valutazione finale si occupa dei risultati  conclusivi di un percorso, che sono assolutamente indispensabili anche ai fini formativi.

D’altra parte, non si spiegherebbe perché l’Ocse misura la qualità dei sistemi formativi sulla base dei risultati di apprendimento.

Tutto il resto è supporto formativo, valutazione formativa, argomentazione intorno agli apprendimenti ed all’insegnamento, in una parola, è “arte dell’insegnare”.

Da tempo si assiste ad una sovrapposizione di piani e tale situazione non ha certo fatto fare un passo avanti alla auspicabile cultura della rendicontazione e della formazione orientata ai risultati. Ricordo qui, solo per inciso, il tentativo Moratti-Bertagna di introdurre nella scuola un portfolio onnicomprensivo che prendesse molto in considerazione gli aspetti della crescita della persona, dunque un versante di natura eminentemente qualitativa e poco si occupasse delle competenze intese come saper fare.

Non sarebbe opportuno oggi, visti i nuovi paradigmi che l’Ocse ci invita a considerare, finalmente fornire informazioni chiare, semplici e concrete sugli esiti di apprendimento che la scuola è in grado di produrre, tenendo molto distinti i due piani della valutazione certificativa e formativa, per poi puntare, attraverso la qualità della didattica, a colmare le differenze tra gli alunni dovute a tanti fattori, ben più complessi e vari della semplice carenza di risorse.

Per puntare però sulla qualità della didattica è necessario puntare alla qualità professionale dei docenti, che essi siano del nord, del centro o del sud, investendo in modo mirato e controllato risorse per la formazione e la riqualificazione del personale.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 31 Agosto 2008
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