Mario Chiesa patteggia, tre anni la pena
L'ex politico del PSI craxiano, già arrestato nel 1992 all'inizio di Mani Pulite, era accusato di truffa allo Stato e associazione a delinquere per un "giro" illecito di smaltimento dei rifiuti
Tre anni di reclusione: è la pena patteggiata da Mario Chiesa. Si è svolta oggi l’udienza n cui è stata emessa la sentenza a carico dell’ex dirigente del PSI craxiano, primo arrestato di Tangentopoli, indagato per l’irregolare gestione dei rifiuti da parte della società da lui amministrata, la Servizi Ecologici Milano, insieme ad un’altra azienda attiva nella zona di Saronno.
La pena ratifica dunque, nelle parole del giudice Luisa Bovitutti, la richiesta delle parti, dopo una prima udienza andata a vuoto. Erano stati richiesti tre anni e sei mesi, ma questi ultimi sono già stati scontati in detenzione dopo l’arresto, la scorsa primavera. Da definire nel caso specifico, ha precisato il giudice, l’applicabilità dell’indulto. Le accuse per Chiesa, che non era presente in aula (assente anche il legale Massimo Dinoia, rappresentato dall’avvocato Simbari), erano di truffa aggravata ai danni dello Stato e associazione per delinquere finalizzata allo smaltimento illegale di rifiuti.
La decisione del tribunale prevede anche la confisca e distruzione dei ticket già sequestrati – buoni pasto e benzina – e che venivano usati per corrompere alcune delle persone coinvolte nel “giro”. L’udienza che riguarda gli altri indagati principali dell’inchiesta, i fratelli titolari della Solarese, sempre per un patteggiamento, è prevista per il 26 gennaio prossimo.
La vicenda
Aveva fatto decisamente notizia l’operazione “Rewind” del 31 marzo scorso: con Mario Chiesa e i suoi soci erano finiti in manette anche quattro camionisti e, ai domiciliari, due “basisti”. Se non altro per il nome dell’indagato principale. Dalle risultanze di una vecchia indagine sulla gestione dei rifiuti, l’operazione Grisù, era emerso che la ditta saronnese smaltiva illecitamente le terre di spazzamento stradale, inviandola a varie discariche lombarde con un falso codice identificativo Cer (che serve appunto a identificare la tipologia dei rifiuti). Si alterava il peso dei rifiuti, si “gonfiavano” le fatture, si falsificavano i certificati delle analisi condotte sui rifiuti, si corrompevano gli addetti a pesatura e controllo dei materiali da smaltire, infine c’era la turbativa delle gare d’appalto per l’assegnazione dei servizi di raccolta e smaltimento. In questo quadro, ricostruito in gran parte con le intercettazioni telefoniche e corroborato dagli elementi successivamente raccolti, Mario Chiesa con la sua società e i suoi contatti, vecchi e nuovi, faceva da intermediario garantendo vantaggiosi contratti. Il “giro d’affari” fu calcolato in due milioni di euro, tutto ottenuto illecitamente ma con un sistema tutto sommato “classico”, su materiali che non richiamavano l’attenzione (rifiuti non tossici o bisognosi di trattamenti particolari) e comprandosi il silenzio complice di autotrasportatori e addetti alle discariche a suon di buoni pasto e benzina.
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