Articolo 3 e le case popolari di via Azimonti
La lista civica con il candidato sindaco Antonello Corrado ha preso nota dei problemi segnalati dai residenti, fra cui gli affitti non sempre alla portata delle tasche. "Lunedì pomeriggio tutti da Aler"
Articolo 3, lista civica che si presenta alle elezioni amministrative della prossima primavera, prosegue a Beata Giuliana il suo tour delle case popolari, che la settimana scorsa aveva fatto tappa in quel di Borsano. E anche nel quartiere al confine con Gallarate, precisamente nei palazzi di via Azzimonti, una schiera di costruzioni in mattoni e cemento a vista affacciate su un’ampia area verde, non mancano lamentele e segnalazioni da parte degli affittuari, che hanno accolto con favore l’occasione di trovare qualcuno pronto a farsene portavoce. Antonello Corrado, il consigliere comunale candidato a sindaco dalla lista, si è così impegnato a recarsi presso la sede Aler lunedì alle 15. In particolare vi porterà il caso di un’inquilina, il cui unico reddito è la magra pensione del marito, di 481 euro; e che, racconta lei stessa, dopo esser riuscita a farsi ridurre l’affitto nel dicembre scorso a 232 euro, per questo mese di febbraio l’ha ritrovato a quota 282. «E sono di quelli che hanno sempre pagato tutto, con dieci giorni di anticipo sulle scadenze». È un caso, illustrato bollette alla mano, non certo unico. «Voglio prendermi l’impegno, come sempre, di fare dei fatti, non delle parole, e di aiutare davvero la mia gente, chi, insomma, non nuota nell’oro» dice Corrado. «Quello che faccio oggi mi imbarazza un po’ per il periodo, non vorrei che si pensasse che lo faccio solo per farmi vedere in camagna elettorale; ma chi mi conosce sa che mi attivo in qualsiasi periodo, e che alle questioni sto dietro. Qui, del resto, chi mai si fa vedere? Neanche a promettere, vengono più».
C’è, s’intende, anche qui il consueto florilegio di problemi grandi e piccoli di un blocco di case popolari. L’ascensore che non funziona, o lo fa a intermittenza; i pezzetti di rivestimento in cemento dei balconi che cadono «come sassi» lasciando a vista i ferri di rinforzo; qualche crepa e buco in alcuni elementi della struttura; la carenza di illuminazione sulle strutture esterne; l’assenza di estintori; infiltrazioni; la manutenzione del verde costosa. Queste le lamentele udite dal capannello di residenti, scesi di persona o affacciatisi dai balconi: in gran parte immigrati, di vecchissima o di recente data, italiani e non, siciliani e nordafricani, ma non solo; la madre anziana col figlio problematico a carico, o viceversa. La varia umanità delle case popolari, insomma, con i suoi problemi, e l’attesa che chi di dovere li risolva, o almeno non li esacerbi. In mezzo, un candidato sindaco e il suo gruppo, di giovani e donne, pronti almeno a raccogliere le segnalazioni, ascoltare, dare qualche consiglio, a prendersi l’impegno di seguire le vicende, e non solo in campagna elettorale; giornalisti che prendono appunti, fotografi che documentano. Questa gente vorrebbe, nei fatti, solo che la sollecitudine con cui si provvede alle magagne riscontrate fosse pari a quella con cui si richiede il pagamento di affitti e bollette. «Le bollette aumentano sempre, fanno bene quelli che non pagano» conclude scuotendo la testa un’anziana, evidentemente pagante. «Trentacinque anni di affitti pagati, non ho nulla e se non pago mi sbattono pure fuori» dice con rabbia un sessantenne. «Era meglio con la legge Fanfani degli anni Cinquanta, con tutto che era un democristiano: almeno dopo venticinque anni diventavi proprietario…» Altra Italia quella, dinamica, lanciata nella ricostruzione e nel miracolo economico, rispetto a quella odierna, bisognosa di riscatto a partire dalle piccole cose di ogni giorno.
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