Delitto delle mani mozzate: il pm chiede l’ergastolo
L'accusa conferma uno a uno gli elementi contro Giuseppe Piccolomo. L'uomo avrebbe ucciso la ex tipografa Carla Molinari perché aveva bisogno di soldi e le avrebbe tagliato la mani perchè era stato graffiato in faccia
Il pm Luca Petrucci ha chiesto la pena dell’ergastolo per Giuseppe Piccolomo, l’uomo accusato di avere ucciso la ex tipografa Carla Molinari a Cocquio Trevisago e di averle mozzato le mani. La requisitoria è durata due ore e mezzo, ed è stata precedeuta da una lunga dichiarazione spontanea dell’imputato, interrotta da un pianto liberatorio, che ha costretto il presidente della corte d’assise Ottavio D’Agostino a sospendere l’udienza.
Il pm ha elencato tutte le prove contro l’ex pizzaiolo, e ha confermato tutte le ricostruzioni emerse durante le indagini. A carico dell’imputato c’è una relazione del perito Carlo Robino (effettuata durante l’incidente probatorio) che ha trovato il sangue della vittima in un coltello sequestrato sul comodino di casa di Piccolomo. Ma c’è anche la testimonianza spontanea, e dunque assolutamente credibile, della donna che lo vide mettere dei mozziconi in un barattolo al bar Bistrot di Cocquio Trevisago (quelle cicche finirono poi nella casa per un depistaggio). I filmati e le foto sono poi compatibili con l’orario della morte della vittima, dato che Piccolomo passa alle 15 e 07, in auto, nei pressi della casa della Molinari, abbigliato con una felpa bianca che non sarà mai ritrovata («perché si era cambiato per commettere il delitto» dirà il pm).
Vi sono poi i graffi in faccia che, secondo varie testimonianze, compaiono solo il giorno dopo il delitto, e che spiegherebbero le mani mozzate: una mutilazione effettuata per far sparire le tracce di pelle che, evidentemente, la donna aveva sulle unghie, dopo il disperato tentativo di difendersi. E infine il coltello trovato in via Dante, un punteruolo per disossare i prosciutti, compatibile con la disarticolazione delle mani.
Risultato: per il pm Petrucci è un omicidio premeditato, con l’aggravante della crudeltà, la circostanza delle premeditazione, il movente della disperata mancanza di soldi: «Lui sapeva che la donna teneva sempre a casa dei soldi – ha detto il sostituto procuratore – e voleva appropriarsene. Era disperato per la mancanza di denaro, anche quando lo fermammo in questura non aveva che pochi centesimi in tasca».
Quanto alle dichiarazioni dell’imputato, il pm ritiene che si tratti di frasi «incredibili e tra loro contraddittorie». Non sarebbe nemmeno vero che nell’auto dell’uomo, una volta dissequestrata, i fratelli avrebbero trovato uno scontrino del giorno del delitto. Il pm ha anche chiesto la confisca della casa di Ispra, per pagare le spese all’erario, e la condanna per aver deturpato il cadavere.
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