Mario, 60 anni di matrimonio: «Se superi il settimo anno è fatta»

Anniversario nella "Repubblica della Valcuvia" per una coppia che dal 1951 è unita in matrimonio, e legge Varesenews

mario moja«Siamo la coppia più vecchia della Repubblica della Valcuvia». A Mario Moja va di scherzare quando parla dell’unione che da 60 anni lo lega alla consorte, Maria Luisa Didoni: ma lui si sente così, un po’ presidente di una repubblica che ha Orino come capitale; la sua casa di via della Rocca è un piccolo Quirinale, con tanto di giardini: mancano solo le scuderie, ma c’è da scommetterci che ci sta pensando.
E allora perchè non credereci? Tutto sommato, se chiudiamo gli occhi e facciamo un salto in quel 1951, la Repubblica era ancora cosa fresca.
La Madonnina, che benedì quell’unione, aveva da poco visto le bombe caderle di fianco, si lavorava per vivere un futuro tutto da costruire, e il Paese nulla aveva a che vedere con quello di oggi.
Per residenti e villeggianti “il sciur Moja” o, più semplicemente, “il Mario” ha rappresentato sempre un punto fisso per le storie e la storia di paese, tant’è che più di una volta viene citato sui giornali come esperto di vicende locali e narratore di aneddoti localissimi (impossibile difatti sfuggirgli quando per strada ferma e chiede: "Novità orinesi?" con spiritose e immaginabili varianti, visto il nome del paese di cui, è bene chiarire, i residenti, comunque, vanno fieri nda)
Uno dei suoi ultimi scritti racconta per esempio della chiesa di San Lorenzo, “avvolta nella leggenda” che parte dal 389 dc quando alcuni eretici ariani trovarono rifugio nella Rocca di Orino dopo essere stati cacciati da Milano ad opera del vescovo Ambrogio. La loro permanenza nel forte durò fino a quando non videro apparire San Lorenzo avvolto dalle fiamme come nelle rappresentazioni del suo martirio, e ne fuggirono in preda al terrore.mario moja
Insomma Orino nell’antichità, come oggi, luogo di fuga dalla nuova religione della velocità, del tutto e subito, come buen ritiro che ha ispirato anche Mario a vivere in armonia con la natura. Esattamente come ha fatto finora il tiglio piantato nel 1848 vicino alla chiesa, proprio quella dove sabato verrà celebrata una messa in onore degli sposi; poi la festa.
Altra storia, quella del tiglio, raccolta sempre dal Mario: nel 48′ anno di rivoluzioni, quella pianta venne messa a crescere di fronte alla chiesa del centro del paese per ricordare i caduti per l’indipendenza e l’unità d’Italia. Ma c’erano gli austriaci, e per evitare rappresaglie il parroco di allora spostò di notte la piantina di fronte alla chiesa del cimitero: oggi è un fuscello alto oltre 20 metri.
Ma, smessi i panni dello sposo di diamante, il sciur Moja tornerà certamente nel suo amato orto, tra i suoi torchi dove un tempo si spremevano le noci per farci l’olio, e gli arcolai per la lana, che proprio in questo periodo sta mettendo a nuovo: «Il mio sogno è veder realizzato un museo dei mezzi che un tempo venivano utilizzati per l’economia famigliare, specialmente durante la guerra: tutte attività oggi dimenticate ma che vivono ancora dentro di me».
Un consiglio per gli sposi d’oggi? «Se si superano i 7 anni è fatta».
Una perla di saggezza che, da uno dei più anziani lettori di Varesenews – 88 anni suonati, ha visto nascere il giornale su internet quando ancora si entrava nella prima pagina da un tramonto un po’ naif – proponiamo ai più giovani come monito.

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Pubblicato il 08 Luglio 2011
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