Lotta sindacale troppo dura, indagati 21 sindacalisti

Sono accusati di minacce, lesioni e furto i rappresentanti sindacali delle cooperative che lavoravano al centro smistamento Bennet di Origgio. In un caso avrebbero rubato la bici di una lavoratrice "krumira"

Quando la lotta dura è troppo dura il rischio di essere indagati è da mettere in conto (immagine di repertorio). Per 21 persone, tra sindacalisti Si Cobas e appartenenti al centro sociale Vittoria di Milano, è arrivato infatti l’avviso di garanzia da parte della Procura della Repubblica di Busto Arsizio. Gli indagati sono stati i protagonisti dei picchetti notturni e degli scioperi che si sono susseguiti davanti alla sede Bennet di Origgio per difendere i diritti dei lavoratori delle cooperative del grande centro di smistamento nazionale.  Durante questi picchetti più volte i manifestanti avrebbero usato metodi spiccioli e un po’ ruvidi per bloccare il lavoro e coloro che volevano comunque lavorare nonostante le proteste. I fatti risalgono al 2008 ma l’indagine è stata chiusa solo adesso. Inizialmente se n’era occupata il sostituto procuratore Valentina Margio, poi trasferitasi, e ora il fascicolo è nelle mani del pm Pasquale Addesso.

I fatti contestati, che sono valsi l’indagine per lesioni, minacce e furto, sono tre. In un’occasione alcuni degli indagati avrebbe picchiato un lavoratore rumeno che non voleva partecipare al blocco: per lui si erano rese necessarie le cure ospedaliere dove gli erano state constatate lesioni guaribili in 25 giorni. In un altro caso i manifestanti si sarebbero accaniti con insulti e minacce su altri lavoratori che non volevano aderire alla protesta mentre in un caso sarebbe stata rubata una bicicletta ad una lavoratrice.

Maniere pesanti, dunque, ma i sindacalisti si difendono dal loro sito con un post molto chiaro nel quale dicono: «Questi avvisi di garanzia sono funzionali al tentativo di intimidire i lavoratori che lottano e le realtà che li sostengono. Vogliono impedire l’autorganizzazione dei lavoratori e che siano adottate forme di lotta che creano realmente un danno ai profitti dei padroni delle Coop e dei committenti (la logistica, la grande distribuzione, ..), come il blocco dei camion e delle merci. In questi anni le lotte nelle coop si sono sviluppate, hanno cominciato a mettere in discussione la dittatura e l’arbitrio dei capetti, si sono contrapposte a condizioni di lavoro umilianti e pressoché di schiavitù. Condizioni imperniate sulla mancata applicazione dei contratti, sul continuo ricatto del licenziamento e, quindi, della perdita del permesso di soggiorno, sulla negazione dei diritti minimi di qualunque lavoratore».

Aldo Milani del Si Cobas elenca le vittorie ottenute in quei mesi di lotta: «Dopo cinque mesi di lotta i lavoratori, quasi tutti iscritti allo Slai Cobas, hanno firmato un accordo che prevede: 1) il rientro in azienda di Dikson, operaio licenziato, dopo una provocazione dei capetti della coop. Leonardo, perché delegato tra i più attivi del nostro sindacato; 2) trasferimento in altri siti di due capetti che in azienda intimidivano ed insultavano con frasi razziste i lavoratori; 3) costituzione di una commissione (…) che ha il compito di ripartire le ore tra i 160 lavoratori presenti nel magazzino Bennet e l’organizzazione delle presenze nei turni; 4) l’attribuzione dell’ultima trance della quota una tantum di 600 euro sulla prossima busta paga; 5) 30 euro mensili di aumento per tutti (tra i lavoratori delle diverse cooperative e con diverse mansioni) sul premio di produttività subito e altri 30 euro di aumento a partire dal primo giorno di luglio 2009; 6) costituzione di una sala medica per il primo pronto soccorso; 7) il riconoscimento della rappresentanza sindacale dei delegati Slai Cobas».

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Pubblicato il 29 Novembre 2011
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