Processo alle “camicie verdi”, Cavallin: “Chiederemo i danni “
Non si è ancora concluso il procedimento che vede imputati 36 militanti leghisti accusati nel '96 di aver cercato di realizzare una banda paramilitare. Fontana: "Legittimo un esposto alla Corte europea dei diritti "
E’ una vicenda che risale al lontano 1996 ma non si è ancora chiusa. Dopo 16 anni il processo alle cosiddette "camicie verdi" non si è ancora concluso e la decisione di oggi, da parte dei giudici del tribunale di Verona, continua a mantenerla in piedi rinviando, per la seconda volta, la questione alla Corte Costituzionale che dovrà pronunciarsi sull’intervenuta abrogazione di una norma. La richiesta del pubblico ministero in aula è stata accolta dal collegio facendo arrabbiare molto i 36 imputati ancora a processo per aver preso parte ad una specie di banda paramilitare con tanto di divise verdi e accusati di reati che andavano dalla banda armata, al deperimento del sentimento nazionale fino all’attentato all’unità dello Stato dall’allora procuratore Guido Papalia. Nel corso degli anni sono stati diversi i provvedimenti del governo che hanno modificato la legislazione per portare alla prescrizione il processo ma ogni tentativo è stato vano.
Il varesino Stefano Cavallin, recentemente eletto segretario della Lega Nord della Valceresio, fa parte del gruppo di imputati ed è difeso (insieme ad altre tre persone) dall’avvocato Attilio Fontana che è anche il sindaco di Varese: «Basta non se ne può più – sbotta – si tratta di una vicenda che ha ormai superato ogni limite. Chiederemo i danni allo Stato Italiano con un esposto alla Corte europea dei diritti dell’uomo». Fontana gli fa eco: «Ormai neanche il pubblico ministero riesce ad argomentare la sua tesi e si continua a trascinare questa vicenda – spiega – quasi con un accanimento terapeutico che non porta da nessuna parte. La decisione di fare un esposto alla Corte europea è da valutare insieme ai miei assistiti ma credo che sia più che legittimo dopo tutto quuesto tempo».
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