Le banche ai tempi dei social media
La filiale della Bcc in centro Varese ha spalancato le sue porte per una serata di beneficenza in favore di Ail (Associazione italiana contro le leucemie) e Caritas
«Per troppo tempo c’è stata una spersonalizzazione delle banche e l’effetto è stato quello di un allontanamento da parte delle persone, perché le avvertivano come entità estranee alla vita del territorio. Una banca invece dovrebbe essere sempre espressione di una comunità e vivere con essa». Queste parole sono di un imprenditore intervenuto alla festa di beneficenza organizzata dalla Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate nella filiale di via Veratti insieme al consorzio Varese nel cuore e Latte Varese uniti per raccogliere fondi in favore di Ail (Associazione italiana contro le leucemie) e Caritas. Non importa sapere chi è l’imprenditore, ma è importante sapere perché fosse lì insieme a tantissime altre persone non necessariamente legate al suo business, alcune delle quali semplici tifosi della squadra di basket. La risposta è semplice: perché voleva sentirsi parte di una comunità in un momento dove non era la competitività a motivare la sua presenza e tantomeno la politica, ma la solidarietà.
La scelta della Bcc di spalancare le sue porte è figlia del nostro tempo, perché nell’era dei social media se non condividi (anche gli spazi) rischi di non intercettare più il sentimento delle persone e di aumentare la distanza che da sempre esiste tra gli istituti di credito e i cittadini. Certo, si parla di una banca, non di un bar o di un ristorante, particolare che non rende facile questo tipo di operazioni. Abitudini e cultura sono difficili da cambiare, ciò che conta però è iniziare a rompere una barriera tra chi sta dentro e chi sta fuori, soprattutto in un momento non felicissimo per l’economia.
E la trasparenza – un vero pallino per Roberto Scazzosi e Luca Barni, rispettivamente presidente e direttore generale della Bcc – non puo’ essere tale se non sei disposto a mostrare la tua casa anche in un momento non istituzionale, dove la relazione non è dettata solo dalla forza economica, dallo status e dal potere contrattuale. Mostrare il lato umano, quello vero, è il modo migliore per tingere di umanità luoghi che in questi ultimi quindici anni, come diceva l’imprenditore all’inizio, sono stati resi asettici.
Massimo Tufano, direttore della filiale di via Veratti e «motore» dell’iniziativa di solidarietà, ha così sintetizzato l’esperienza: «La banca non è un monolite, ma un corpo che vive in un contesto nei cui confronti abbiamo il dovere di essere aperti».
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