Il marchese Biumi innamorato e lo scandalo della contadina

Il nobile perse la testa per una donna di 18 anni: ci furono un matrimonio segreto, una morte sospetta e un'eredità contesa

Biumi

Un po’ di gossip del 1600, tanto per celebrare anche con qualche storiella simpatica, ma verosimile, i 200 anni della nostra Varese. Ebbene, nel Seicento in Lombardia andava molto di moda la storia del ricco signorotto che vuole concupire una bella fanciulla del popolo. Alessandro Manzoni ne seppe qualcosa, ma a quanto pare i cronisti dell’epoca riuscirono raccontare anche una storia che apparentemente ha risvolti un po’ diversi. Nel 1660 una singolare vicenda destò molte chiacchiere a Varese, perché riguardava una persona molto in vista, il signor Marchese Matteo Biumi. Un nome altisonante per il borgo, erano infatti membro di una delle famiglie più note del patriziato di Varese. Essi presero il nome da Biumo, loro antico dominio, e nel 1615 fecero ampliare un bel palazzo oggi sede del cortile del Broletto (nella foto uno scorcio), noto allora proprio come Palazzo Biumi. Ma non solo: anche il castello di Belforte, all’epoca era uno dei lori palazzi e proprio a Belforte, al confine tra vecchio borgo e la Malnate operaia e contadina, inizia la storia del marchese innamorato.

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Palazzo Biumi 4 di 18

L’uomo si prese una cotta per Angiola Maria Pedrola, detta la Bassetta (o la Baslina). Era una contadina di Malnate assai avvenente e “piena di grazie” racconta l’Adamollo nella sua fondamentale cronaca di Varese. Secondo il resoconto del cronista, il marchese “prese ad amoreggiarla”, dove con questa definizione non è chiaro se l’atto sia stato platonico od epicureo. Un indizio di quale strada avessero scelto, tuttavia, lo fornisce la frase successiva del racconto. “Essa con tutto l’affetto corrispondeva alle brame del signor Marchese”. Fu per questo, forse per il troppo impeto di queste brame – e per un problemino che vedremo dopo – che il padre della ragazza, di estrazione popolare ma severa, decise che la sua figliola doveva fare vita più ritirata, non destare scandalo,  e tutto questo nonostante il pretendente fosse pieni di soldi e cariche. Il burbero padre della Pedrola scelse per la ragazza un marito di onesti costumi, un tale Maroni Giovanni Maria, bel giovanotto che già da tempo la guardava (il condizionale su “guardava” però è d’obbligo) con passione.

Il padre organizzò tutto in segreto e il 20 febbraio di quell’anno la fece sposare a forza con il contadino malnatese, scegliendo con cura un giorno in cui il marchese fosse andato a Milano per affari.

Avvertito dalla servitù, il marchese innamorato tornò di corsa a Varese al suo bel palazzo del castello di Belforte. Lì apprese che il matrimonio era già stato celebrato. Biumi però non voleva cedere, era certo che la sposa non avesse alcun interesse per il Maroni. La chiamò a palazzo e quella notte la tenne a dormire nel suo letto.

I giorni successivi probabilmente furono un gran casino. Il cronista dice che la bella Pedrola fu così fedele al marchese che anche nei giorni in cui, pochi per la verità, dormì a casa con il marito “nulla mai concedere volle”. E come fa a a saperlo? Beh quando si infilava a letto con il marito, la donna teneva sempre accanto a sé una suora, Franca Marona, monaca Orsolina che il marchese aveva inviato per tenere sotto chiave la presunta illibatezza della sua amata. Dunque, a pochi giorni dal pasticcio del matrimonio, la situazione era questa: il marchese guardava verso Malnate dalla finestra suo palazzo ed era innamorato perso, ma la donna era comunque sposata con il contadino malnatese. Per evitare che accadessero “cose” il marchese, che aveva diversi cugini e zii nella chiesa cattolica, inviava la suora a fare la guardia davanti al letto.

Non si poteva certo andare avanti così, e dopo 15 giorni il Biumi prese l’Angiola Maria e se la riportò a Belforte. Se la tenne come moglie, e stop. Tutti i domestici furono obbligati a riverirla e così fecero. All’epoca non c’era ancora il divorzio ma per fortuna del notabile il vero marito della ragazza fece la cortesia di lasciare questa terra il 13 giugno 1660 afflitto da un male incurabile. Angiola divenne “la vedova”, ma intanto sia a Belforte che al palazzo di Varese era ormai la padrona, molto amata per i suoi modi gentili.

Un altro colpo di scena avvenne il 10 agosto. Chi ha parlato di pancione? Nessuno. Eppure la donna ebbe un figlio, un bel maschietto. Concepito un po’ prima di febbraio, si presume. Insomma, il giorno del matrimonio segreto a febbraio, organizzato dal padre con il contadino, la Baslina probabilmente era già in dolce attesa.  Il marchese fece un bel brindisi con 35 persone. Era figlio suo? No si sa. Però “il suddetto fanciullo fu sempre tenuto e considerato dal signor Marchese come suo e come tale lo riconobbe, e lo allevò fino alla sua morte”. Tempo dopo, i due ebbero anche una figlia.

La Baslina, forse stanca di emozioni, a un certo punto si ritirò nel monastero di santa Valeria a Milano a cercare di capirci qualcosa. Dal canto suo il signor Marchese qualche anno dopo salutò il mondo terreno in serenità. Meno tranquilli furono quelli rimasti a Varese a sbarcare il lunario, a partire dai parenti Biumi che fecero un bel can can contro il primo figlio della Baslina per l’eredità. Anche a leggere bene l’Adamollo, non è che si sia ben capito di chi davvero figlio questo ragazzo. Atteniamoci alle sentenze. “Alla morte del marchese vi furono molte controversie sull’eredità sua – scrive la cronaca – ma il signor Pietro Paolo Biumi fu rjconosciuto qual figlio erede”. Ma siamo proprio sicuri che le cose siano andate davvero così? Non lo sapremo mai, ma intanto godetevi il lieto fine.

Roberto Rotondo
roberto.rotondo@varesenews.it
Pubblicato il 30 Maggio 2016
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