La leadership dell’imprenditore non è una percentuale

Aprirsi al mercato e non avere paura né di crescere né di perdere il controllo dell'impresa. Sono le basi dell'alleanza tra uno startupper, Alberto Onetti, e l'ad di una società quotata in borsa, Rosario Rasizza

Openjobmetis

Lo straordinario romanzo industriale italiano non si sarebbe mai scritto senza la capacità degli imprenditori di resistere ostinatamente a un contesto ostile alla cultura d’impresa. Coraggio e senso della leadership sono due attitudini costitutive della figura dell’imprenditore e dunque indispensabili per fare impresa, non solo in Italia. Ma se per quanto riguarda il coraggio già Alessandro Manzoni scriveva che “uno non se lo può dare”, sulla leadership, che nel capitalismo italiano è tipicamente famigliare, invece i margini per migliorare ci sono.

È anche questa una delle ragioni che stanno alla base del progetto di collaborazione tra Openjobmetis, agenzia per il lavoro, e Mind the bridge, società che sostiene lo sviluppo di ecosistemi imprenditoriali nel mondo favorendo l’incontro con startup innovative. I due leader del progetto, ovvero Rosario Rasizza, ad di Openjobmetis, e Alberto Onetti, presidente di Mind in the bridge, lo hanno ribadito durante la presentazione a Palazzo Estense. «Noi abbiamo bisogno di un’alleanza con startup innovative – dice Rasizza – perché da qui a tre anni il mondo del mercato del lavoro cambierà completamente e cambierà il modo di fare selezione. L’imprenditore deve cercare di anticipare i tempi».

I manager di Openjobmetis incontreranno il 2 e il 3 luglio dodici nuove imprese innovative nel campo della selezione del personale, di cui nove italiane, due inglesi e una irlandese,  per vedere se ci sono spazi per avviare una concreta collaborazione o magari anche un’acquisizione, che è stata la strategia di crescita della agenzia per il lavoro di Gallarate e continua ad esserlo anche dopo la quotazione in borsa. «La leadership – spiega l’ad di Openjobmetis – non è una questione di quantità o di percentuali di azioni, ma di visione imprenditoriale. Si può essere leader anche con solo il 10% di una società. Quindi il mio consiglio alle nuove imprese è di aprirsi al mercato senza paura di perdere il controllo».

L’intesa tra Onetti e Rasizza si basa soprattutto sulla condivisione di quest’ultimo passaggio che è di carattere culturale. «Non sono mai stato un fan delle pmi – dice il presidente di Mind in the bridge – e quando parliamo di cambiamenti nella cultura di impresa stiamo parlando di processi che hanno bisogno di tempo. Questo però non ci impedisce di porci una domanda: qual è l’obiettivo di un’impresa, se non è quello di crescere? Oggi nell’impresa italiana c’è un problema di delega e la cessione viene vista sempre come un elemento negativo, mentre non lo è perché l’imprenditore è seriale per definizione, crea continuamente opportunità di business».

Onetti, che è anche docente universitario all’Insubria, non fa solo teoria perché nella sua vita ha già creato tre startup. «Nella prima ci siamo schiantati – conclude l’imprenditore -. Nella seconda le cose sono andate un po meglio e nella terza si va bene. La Silicon Valley mi ha insegnato a coltivare grandi sogni, a differenza dell’Italia dove, prevalendo la paura di non farcela, si partoriscono sogni piccoli».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 30 Giugno 2016
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