Morì a Malpensa, la famiglia chiede il processo per i poliziotti
L'episodio risale al 31 gennaio di quest'anno. La Procura ha chiesto l'archiviazione per gli agenti intervenuti, il legale della famiglia ha presentato ricorso. Il sindacato poliziotti: "Nessuno osi puntare il dito sui colleghi"
Quei poliziotti devono andare a processo. La richiesta è della famiglia dell’uomo di 44 anni, cittadino albanese, che morì al Terminal 1 di Malpensa, dopo che era stato bloccato dalla polizia, per aver dato in escandescenze nel mezzo del piano partenze. La famiglia dell’uomo, per tramite del legale in Italia, ha infatti presentato ricorso contro la richiesta di archiviazione, presentata al Gip del tribunale di Busto Arsizio dal sostituto procuratore Nadia Calcaterra.
Aldo Laci, questo il suo nome, era sotto effetto di cocaina e perse completamente il controllo di sé, richiamando l’attenzione di tutti i presenti nelle ampie sale dello scalo. Secondo gli elementi raccolti in fase di indagine, l’uomo sarebbe morto per cause naturali, mentre il contenimento da parte della Polizia non avrebbe avuto conseguenze. Secondo l’avvocato della famiglia Vincenzo Lepre, invece, i filmati interni all’aerostazione mostrerebbero l’intervento deciso della polizia, tale da non poter escludere un legame con la morte dell’uomo, che potrebbe esser stata “causata direttamente” o abbia avuto “come concausa” la “aggressione subita dalle forze dell’ordine che hanno partecipato al fermo”.
Ora deciderà il tribunale di Busto, se l’archiviazione del Pm Calcaterra è corretta. Che i poliziotti non debbano andare a processo lo sostiene esplicitamente anche una parte del sindacato di polizia. «Non tolleriamo più i continui attacchi all’operato di poliziotti che in tutto il Paese si fanno in quattro a costo di enormi sacrifici per difendere la sicurezza dei cittadini» commenta Domenico Pianese, Segretario Generale del Coisp. «Di fronte all’ennesima denuncia, ai nostri occhi puramente strumentale, seguita alla morte di un uomo intossicato da cocaina a Malpensa vogliamo ribadire con forza che nessuno deve osare puntare il dito contro i colleghi che hanno agito del tutto correttamente per proteggere gli altri cittadini terrorizzati, e oltretutto in un contesto, quello aeroportuale, che è oggetto di particolari misure di sicurezza».
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