Sacchetti a pagamento nei supermercati: quanto ci costano?
Il pagamento dei sacchetti per frutta, verdura, carne e pesce ha scatenato un vero e proprio moto di indignazione: il prezzo che ogni famiglia dovrà accollarsi in un anno oscillerà tra i 4,17 e i 12,51 euro
La legge che impone ai supermercati di mettere a pagamento i sacchetti per frutta, verdura, carne e pesce ha scatenato un vero e proprio moto di indignazione, sui social soprattutto.
Se ne vedono di tutti i colori. Da chi si ingegna con sacchetti di retina lavabili sui quali applicare le etichette, a chi le etichette le attacca direttamente sui ogni prodotto acquistato: pera per pera, mela per mela, banana per banana.
Ma a quanto ammonta la spesa media per questo nuovo “balzello”? Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio di Assobioplastiche, il prezzo che ogni famiglia dovrà accollarsi in un anno oscillerà tra i 4,17 e i 12,51 euro. Questa prima rilevazione è stata effettuata nella grande distribuzione dopo il primo giorno di applicazione della legge 123/2017, entrata in vigore il 1 gennaio 2018.
Sono una dozzina i grandi magazzini alimentari su cui è stato effettuato il sondaggio: il costo a sacchetto è risultato compreso fra 1 e 3 centesimi. Assobioplastiche ricorda che il consumo di buste si aggira tra i 9 e i 10 miliardi di unità all’anno, per un consumo medio di ogni cittadino di circa 150 sacchetti ogni dodici mesi. Il costo delle buste varia da supermercato a supermercato: i costi rilevati dall’Osservatorio di Assobioplastiche variano dal centesimo a pezzo da Esselunga, Coop Toscana e Unes ai 2 da Auchan, Conad, Coop Lombardia, Eurospar, Gruppo Gros, Iper La Grande I fino ai 3 da Lidl. A questi dati si sommano alcune rilevazioni web che parlano di 2 centesimi per il mondo Coop in generale e, per Carrefour, Pam e Simply (gruppo Auchan) di 3.
Secondo i dati dell’analisi Gfk-Eurisko presentati nel 2017, le famiglie italiane fanno in media 139 spese all’anno nella grande distribuzione. Ipotizzando che ogni spesa comporti l’utilizzo di tre sacchetti per frutta/verdura, il consumo annuo per famiglia dovrebbe attestarsi a 417 sacchetti, per un costo complessivo compreso tra 4,17 e 12,51 euro (considerando appunto un minimo rilevato di 0,01 e un massimo di 0,03 euro).
Oltre all’indignazione sui social, c’è anche il Codacons che alimenta la polemica: “È un nuovo balzello che si abbatterà sulle famiglie italiane, una nuova tassa occulta a carico dei consumatori”. Per Legambiente, invece, “non è corretto parlare di caro-spesa. L’innovazione ha un prezzo, ed è giusto che i bioshopper siano a pagamento, purché sia garantito un costo equo, che si dovrebbe aggirare intorno ai 2-3 centesimi a busta. Così come è giusto prevedere multe salate per i commercianti che non rispettano la vigente normativa”.
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Vorrei segnalare che i sacchetti non si pagano solo nei supermercati ma anche in farmacia. Questa mattina in una farmacia di Varese le medicine mi sono state messe in un sacchetto misura supermercato, quando prima ne davano gratuitamente uno più piccolo che conteneva la stessa quantità di medicine, e mi è costato 10 centesimi.
C’è una cosa che nessuno ha ancora notato e che è una vera fregatura: l’obbligo di far pagare i sacchetti ai consumatori.
Chi prima li regalava ora non può più.
Abbiamo proprio un governo che si preoccupa solo di pelare i cittadini.
A parte la solita informazione “da social network” che mira a far girare questa notizia come l’ennesimo favore a qualche azienda capeggiata da qualche governante di turno (ah….nel social network tutti diventano giornalisti d’inchiesta e non si fanno domande) in realtà l’Italia, anche se con un ritardo di 2 anni, si adegua alla normativa europea (ma non solo europea) sulla progressiva eliminazione o riduzione della plastica nel commercio al dettaglio.
La normativa europea non dice espressamente dove far ricadere i costi dei sacchetti. In Europa si è preferito annegare i costi nei prezzi delle merci.
Per una volta tanto l’Italia è stata più “lungimirante” facendo pagare i sacchetti effettivamente consumati. Molto probabilmente l’Italia è stata molto più realista del Re Europa. In Irlanda si è preferito creare una tassa ad hoc.
Sul fatto che poi in Italia non esistano altre aziende produttrici di tali sacchetti e l’unica attiva si comporti come un regime di monopolio questo sicuramente non è colpa né del ministro di turno né di chissà quale giro occulto di poteri.
In Italia si preferisce buttare tutto sulla caciara social….accusando i politicanti della ennesima lobby.
Da qualche parte di doveva iniziare…..eravamo già in un penoso ed indegno ritardo e per una volta l’Italia si è comportata meglio di molti altri paesi.
A giudicare dalla spazzatura abbandonata sulle strade e nei boschi gli italiani andrebbero “educati” molto più pesantemente dei 2-3 centesimi a sacchetto.