Saluti romani al cimitero: “Noi siamo il fascismo”
Cerimonia questa mattina a Belforte dove è avvenuta la commemorazione dei morti che aderirono alla Rsi
Sono arrivati alla spicciolata a bordo di utilitarie, alcuni in moto. Qualcuno coi capelli bianchi – pochi – il resto rasati: maglia nera e tatuaggi accanto alle nonnine che portavano i fiori al cimitero e che guardavano stranite gli aderenti a Do.Ra., il gruppo neonazista a Varese che ha scelto la giornata della Liberazione per rendere omaggio ai morti della Repubblica sociale italiana, lo stato fantoccio retto da Benito Mussolini nato dopo l’8 settembre del 1943 per volere di Hitler.

Massiccia la presenza di reparti mobili delle forze dell’ordine e di agenti in borghese che hanno seguito le varie fasi della manifestazione partita con un discorso fuori dal cimitero: «Noi siamo il fascismo, e non abbiamo altro vincolo che questo per rendere omaggio ai nostri uomini. Non siamo qui per equiparare i nostri morti ai loro (ai partigiani ndr), siamo qui per i nostri, per sapere chi erano, e per rendere loro il tributo che lo Stato gli nega».
Il corteo di una cinquantina di aderenti ha sfilato nel viale centrale del camposanto per radunarsi nei colombari al piano interrato di fronte a un loculo dove è tumulato il comandante di una formazione della Rsi, la Compagnia Arezzo.
Il culmine della cerimonia si è assistito quando è stato pronunciato il nome di Renato Zambon a cui è seguito il “presente”, pronunciato con saluto romano collettivo.

Poi un gruppo ha visitato una vicina cappella dove pochi attimi prima una delegazione del Partito democratico aveva portato un mazzo di fiori alla tomba del partigiano Renè Vanetti: “In memoria di chi lottò per la nostra libertà”, recitava il biglietto, firmato Pd.
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