Lo sport fa bene alla scuola. Basta scegliere quello giusto
I consigli della psicologa dello sport Valeria Resta sui criteri da valutare nella scelta dello sport dei figli

Con l’apertura del nuovo anno scolastico riparte anche la ricerca dello sport da far praticare al figlio al pomeriggio. Ed è un bene che sia così, perché i bambini che svolgono un’attività sportiva di solito ottengono migliori risultati anche a scuola“, assicura Valeria Resta, docente di Psicologia dello sport all’Università dell’Insubria e referente di Mind-room. Da parte sua qualche consiglio alle mamme e ai papà sui criteri e le caratteristiche da valutare nella scelta dell’attività sportiva dei bambini “utile non solo allo sviluppo armonico del fisico del bambino, ma anche nell’apprendere una serie di attitudini e modalità di comportamento, dall’autonomia alla gestione della frustrazione, fondamentali in ambito scolastico e, crescendo, sul lavoro e nella vita in generale”.
DIVERTIMENTO
“Lo sport scelto deve essere innanzi tutto divertente per il bambino. Forzare il bammbino a fare uno sport che non gli piace non ha alcun senso”, afferma la psicologa. Meglio lasciar perdere, anche se è lo sport in cui il genitore crede di più, o quello che gli sarebbe piaciuto fare da piccolo e non ha potuto o persino quello consigliato dallo specialista, psicoterapeuta o pedagogista, per incanalare o contrastare determinate attitudini comportamentali del bambino: “l’obiettivo educativo si raggiunge se il bambino si diverte”.
SPERIMENTAZIONE
Provare è lecito, anzi doveroso. Molte società sportive permettono ai bambini, specie ai più piccoli, di effettuare anche più di una lezione di prova prima di iscriversi, proprio per consentire al bambino e al genitore di capire se lo sport scelto è adatto alle aspettative dell’adulto e del figlio.
SÌ AL MULTISPORT
L’approccio anglosassone che propone ai bambini di cimentarsi in diverse discipline sportive prima di scegliere la preferita è particolarmente adatto ai piccoli in età prescolare e nei primi anni delle elementari, sino ai 7-8 anni. In questa fascia di età un ruolo fondamentale può giocarlo la scuola: “I dirigenti possono stringere degli accordi con i corsi universitari in Scienze motorie come quello dell’Insubria per permettere a laureandi e neo-laureati degli stage in cui di introducano i bambini a diverse attività sportive, inclusi gli sport minori che possono essere delle rivelazioni nell’assecondare passioni e talenti dei bambini”.
NO ALLA SPECIALIZZAZIONE PRECOCE
Per la stessa ragione, specie per i bambini più piccoli sono da preferire le attività sportive che puntano allo sviluppo delle attività motorie di base come il nuoto o la ginnastica. “Vanno bene anche sport più specifici, purché l’approccio della società e dell’allenatore punti soprattutto su insegnamenti motori di base, dall’orientamento alla coordinazione più che sulle abilità specifiche della disciplina.
SPORT DI SQUADRA
Sport di squadra e sport individuali hanno obiettivi differenti: “Prima dei 6-7 anni è difficile che un bambino possa acquistare l’idea del gioco di squadra ed è quindi normale che il gioco per i piccoli di 5 anni diventi una mischia, a prescindere dalla disciplina, perché a quell’età tutti vogliono la palla.
LA SOCIETÀ SPORTIVA
“Federazioni e società sportive si affidano sempre di più a figure formate nel solco dello sport come attività educativa – assicura la Resta – consiglio ai genitori di informarsi sull’approccio della società in modo da scegliere quella che rispecchi i valori familiari in tema di sport. Ad esempio ci sono quelle più ludiche o più agonistiche, con selezioni di ingresso e il rischio di non essere riconfermati l’anno seguente. È anche utile osservare le modalità educative dell’istruttore durante gli allenamenti di prova, oppure capire se lo spogliatoio viene gestito come momento di sviluppo delle autonomie”.
AGONISMO?
L’età giusta per passare all’attività agonistica varia a seconda dello sport. Per scegliere però bisogna partire dall’obbiettivo: “Se lo scopo sono i risultati agonistici allora ha senso iniziare anche a 8 anni, se invece l’esigenza principale è il benessere dal bambino, si può anche partire a 12 anni”. Quello che conta, a monte, è la motivazione del bambino e della famiglia a intraprendere una strada che può dare grandi soddisfazioni ma richiede anche molto impegno: “Il consiglio è cercare dei percorsi graduali, evitando di passare all’improvviso da 1 a 4 allenamenti a settimana”, spiega la psicologa dello sport. Il rischio di un’attività agonistica non ponderata bene è il “drop out”, l’abbandono precoce dell’attività sportiva, che avviene soprattutto in pre e prima adolescenza.
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