Divertirsi per crescere: il gioco giusto per ogni età
I consigli dei pediatri sui giochi più adatti ai bambini: il corpo dei genitori per i neonati, la scatola dei tesori per i piccoli di un anno e poi il gioco simbolico, tanti libri e limiti sui videogiochi
Quando giocano i bambini prima di tutto imparano. “Giocare è una cosa seria” sintetizzava Bruno Munari e i pediatri dell’ospedale Bambino Gesù di Roma hanno preso spunto da questa considerazione per l’ultimo numero della rivista “A scuola di salute” in cui consigliano per ogni fascia di età i giochi più appropriati che aiutano i bambini non solo a divertirsi, ma anche e soprattutto ad accrescere capacità e complessità di elaborazione delle informazioni.
I NEONATI E IL CORPO DEI GENITORI
Nei primi mesi di vita, i bambini non hanno bisogno di tanti giocattoli, perché il gioco passa soprattutto dal contatto con il corpo dei genitori.
Questa forma di relazione favorisce la regolazione delle funzioni vitali, la riduzione dello stress, la comunicazione istintuale con mamma e papà, lo sviluppo cognitivo e le capacità motorie. Spingendosi, arrampicandosi e rotolando sul corpo del genitore, il piccolo apprende nuove capacità di movimento.
DAI 6 MESI ALL’ANNO: LA SCATOLA DEI TESORI
Quando il bambino inizia a stare seduto (di solito attorno ai 6 mesi) e poi progressivamente a spostarsi autonomamente, gli oggetti della vita quotidiana diventano per lui più interessanti, e inizia esplorarli utilizzando tutti e 5 i sensi. I piccoli osservano, toccano, assaggiano, ascoltano e annusano. In una parola conoscono, o iniziano a conoscere il mondo che li circondano e se stessi. È questo il momento giusto per “la scatola dei tesori”, in stoffa, in vimini o di cartone da riempire con una manciata di oggetti differenti per materiale, consistenza, forma e colore. Giocattoli ma anche oggetti di vita quotidiana, perché dai 12 ai 18 mesi i bambini iniziano ad imitare piccole azioni come cullare, dare da mangiare, pulire, dormire, bere.
DAI 2 AI 5 ANNI: IL GIOCO SIMBOLICO
Dai 2 anni di vita il gioco si trasforma e i bambini cominciano a “fare finta di”: il bambino esplora il mondo della fantasia, si confronta con un numero infinito di situazioni, avventure, sfide e, in questo modo, allarga il suo campo di azione. E dall’imitare piccoli gesti e situazioni si passa al gioco parallelo in cui si cominciano a creare intere situazioni o piccole storie imitative, spesso in presenza di altri bambini. All’inizio è facile che ciascuno imposti il proprio gioco, ma crescendo i bambini imparano a collaborare sempre di più.
Così già dai 3 anni le trame del gioco diventano sempre più lunghe e complesse. I bambini non solo imitano ma si travestono e diventano protagonisti delle loro storie, oppure iniziano ad utilizzare pupazzi o personaggi per metterle in scena.
LA LETTURA PRECOCE, SEMPRE
I pediatri sposano in pieno l’approccio di Nati per leggere, per cui non è mai troppo presto per iniziare a sfogliare libri con il proprio bambino. Già da neonato il bambino è attratto, persino incantato dal ritmo della voce del genitore che legge una storia ad alta voce.
Accoccolarsi insieme a leggere un libro rafforza molto il legame tra genitori e figli. E il bambino svilupperà più facilmente le competenze linguistiche espressive e di comprensione, tanto da sembrare 8 mesi più grandi, secondo uno studio recente).
Sarà più curioso, avrà voglia di imparare a leggere e avrà migliori tempi di attenzione.
VIDEOGIOCHI SOLO DOPO I 6 ANNI
Bilanciando luci e ombre legate all’uso di videogiochi e dispositivi digitali da parte dei bambini, i pediatri del Bambino Gesù consigliano proporli con prudenza: non prima dei 6 anni di età, per non più di 30-60 minuti al giorno, e sempre sotto il controllo diretto dei genitori.
La prudenza è d’obbligo: da un lato ci sono alcune ricerche scientifiche che sottolineano quanto l’uso di questi dispositivi possano migliorare le capacità di attenzione, la memoria e l’elaborazione visiva, altri studi confermano che un uso eccessivo di videogiochi o strumenti elettronici può indurre vere forme di dipendenza, con possibili comportamenti da “astinenza” se il bambino ne viene privato.
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