“A Varese porto la mia vita da Figlia dei Fiori”
Conversazione con Mita Medici, che l'8 marzo sarà mattatrice al Teatro Santuccio con "Sono una figlia dei fiori"

Sarà un otto marzo speciale al Santuccio: nella rassegna “Parola di Donna” l’incontro che coincide con la giornata a loro dedicata sarà un recital dove intere generazioni potranno confrontarsi su cosa significa “liberazione della donna” e in quali anni, non tanto lontani da ora, tutto questo sia successo.
Ma non sarà niente di impegnativo o impegnato: anche perchè la mattatrice sarà Mita Medici, un mito fin degli anni 70 per bellezza, anticonformismo, intelligenza ma soprattutto leggerezza.
«La parola d’ordine dello spettacolo è leggerezza, che non ha niente a che vedere con la superficialità – ha precisato la protagonista – Come dice Paul Valery, è “la leggerezza della rondine, e non della piuma” una leggerezza che sa dove va, e non si fa portare. Un motto che ho sempre fatto mio».
L’appuntamento con il terzo spettacolo della Rassegna, dal titolo “Sono una figlia dei fiori” è alle 20.30: scritto e interpretato da Mita Medici, con una musicista particolare ad accompagnarla, la virtuosa della fisarmonica Saria Convertino e la collaborazione di Stefania Moro.
Un incontro-spettacolo, che vuole ripercorrere in modo affettuoso, ironico, critico ed autentico, quel periodo ormai mitico dove tutto poteva accadere, tra la fine degli anni ’60/’70, fino ad oggi, attraverso gli occhi di una adolescente, poi donna con una vita po’ speciale. Qualcosa di più di uno spettacolo teatrale tout court, dove oltre agli aneddoti e alle letture è previsto anche un “botta e risposta” con il pubblico che sarà, a suo modo, protagonista e provocatore.
“RACCONTANDO ME APRO FINESTRE SULLA NOSTRA STORIA”
«Non è facile raccontare uno spettacolo come questo dove, raccontandomi, apro una serie di finestre su momenti della nostra storia e delle nostre emozioni – ci spiega Mita Medici – Non è facile da spiegare è sarà una cosa sorprendente».
Come spiega l’attrice «Sarà una camminata per immagini con molti up and down, che racconta attraverso i miei occhi e attraverso qualche fatto personale, come ci siamo formati noi di questa generazione quella che è arrivata dopo il primo dopoguerra. Io sono nata negli anni cinquanta: dietro di noi avevamo molte macerie, ma avevamo molto da immaginare davanti. Essere nati in quegli anni significa poi essere cresciuti negli anni 70, un periodo pieno di sogni collettivi: sognare tutti insieme è cosa che unisce, solo dopo si è sviluppato l’individualismo egoista di oggi» Lo spettacolo «E’ nella mia testa da tanto tempo: una prima sperimentazione l’ho fatta in un festival, ma era un brevissimo monologo. Quello di Varese lo si può considerare quasi un debutto»
“IL PIPER MI HA INSEGNATO LA LIBERTA’ CONSAPEVOLE”
Delle conquiste delle donne, Mita dice: «Non va mai dato nulla per acquisito. C’è molto ancora da fare, ma soprattutto c’è da difendere: anche ciò che si è acquisito, infatti, se non si difende si perde. Questa è una società che disintegra, se non si sta attenti».
Parola di una ragazza che negli anni 70 letteralmente impersonava l’anticonformismo: «E del resto ancora oggi sono una aliena – sorride – Io all’epoca me ne sono andata, infatti. Nell’America di Keruac, a cercare il mio destino e lasciarmi andare alla vita. Purtroppo ancora oggi il ruolo femminile è molto sacrificato, anche e nonostante storie e storielle. Superata una certa età poi non esiste proprio».
Se dovesse descrivere se stessa con dei luoghi fisici, quali citerebbe? «Innanzitutto il Piper, per i tanti ricordi che mi ha lasciato. Poi il mare, che per me è la vita. Qualcuno ha detto “non so come fanno quelli che vivono in città senza mare a risolvere i loro momenti difficili” e io sono totalmente d’accordo. Poi c’è Stromboli, e l’America dove ho vissuto dal 1978 fino ai primi anni ’80, per vedere quello che succedeva: qui era cominciata una decadenza inesorabile nel cinema: mentre in America si sviluppava il cinema indipendente americano, era entusiasmante»
Se dovesse spiegare il Piper alle ragazze di oggi, come lo descriverebbe? Che cosa le ha dato? «Il Piper innanzitutto era musica, che ha avuto e ancora ha un ruolo enorme nella vita dei giovani. Noi siamo cresciuti in un’epoca in cui la musica stava profondamente cambiando, in un modo molto bello che aveva un senso… In più, era musica dove ci si esprimeva con il corpo: un modo di imparare a stare insieme tra individui diversi. Lì tutto si annullava, a partire dalle classi sociali: l’operaio stava assieme all’intellettuale, ed era tutto era uno scambio di informazioni. Noi donne eravamo solidali su tutto, persino in bagno, dove ci si scambiava dalle confidenze al rimmel. Ma la cosa più bella era che, per la prima volta, non c’erano due gruppi separati: il gruppetto degli uomini e quello delle donne, eravamo per la prima volta insieme in modo paritario. A me questo ha dato, per la prima volta, un senso di libertà consapevole: ero io a gestire la mia libertà, nessuno ci doveva controllare. Per la prima volta, in quel posto, non eravamo viste come prede ma come persone».
DA CANZONISSIMA A UN POSTO AL SOLE (MA IL SUO CUORE E’ A TEATRO)
Mita Medici è poi stata protagonista in pietre miliari della tivù, da Canzonissima a Un Posto al Sole. «Cose che mantengono un legame d’affetto con il pubblico, che ancora oggi mi rende felice».
Ma un legame profondo si è creato nel tempo con il teatro: «Prima la commedia musicale con Garinei e Giovannini: una esperienza straordinaria, con provini veri come non se ne usano più. Ma poi ho fatto anche uno spettacolo su Alda Merini, diverso tempo fa, e prima che diventasse “di moda”: e per interpretarlo l’ho anche conosciuta. Sono persino tornata a cantare in scena, in uno spettacolo dal titolo “Mita Medici canta Franco Califano” e non è stato facile confrontarsi con un personaggio mitico per molti motivi. Sono felice della mia vita e della mia carriera, non tanto irregimentata. La cosa che mi conforta di più è che, pur facendo ora molta meno televisione, sento ancora molto affetto, sento di essere nel cuore delle generazioni».
INFO E PREVENDITE
Mita Medici sarà protagonista al teatro Santuccio in via Sacco 10, a Varese, l’8 marzo 2019 alle 20.30 con “Sono una figlia dei fiori”. Scritto e interpretato da Mita Medici con la collaborazione di Stefania Moro, e la fisarmonica di Saria Convertino.
Per acquistare i biglietti in prevendita:
Agenzia Viaggi GIULIANI & LAUDI , Via Marconi 10 (orari: lunedì-venerdì ore 9:00-12:15 / 15:00-19:00 – sabato ore 9:00-12:15)
Oppure al Teatro SANTUCCIO il giorno dello spettacolo dalle 9:30 – 12:30 / 15:30 – 20:30
Per info: 338 2039505
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