Il ritorno del lupo preoccupa Confagricoltura
È una delle prossime emergenze da affrontare secondo l’associazione di categoria assieme a incendi e crescita incontrollata di fauna selvatica
«È di questi giorni la notizia di un probabile ritrovamento di un lupo a Buguggiate».
In molti, quando il presidente di Confagricoltura Varese Giacomo Brusa ha pronunciato queste parole, domenica mattina, si sono guardati attorno un po’ dubbiosi: «Abbiamo capito bene?», sembravano ripetere con gli occhi.
È successo durante la lettura della relazione annuale dell’associazione di categoria, alle Ville Ponti, nell’ambito della 72° assemblea generale ordinaria.
Una frase che si innesta in uno dei grandi temi affrontati da chi per vivere deve fare i conti da sempre con gli elementi della natura: agricoltori, allevatori, silvicoltori sono i più esposti ai cambiamenti climatici e al risultato che essi producono sul territorio.
Non è un tabù quindi parlare apertamente di siccità – e lo ha fatto nel suo intervento il governatore lombardo Attilio Fontana – , di incendi boschivi, di animali selvatici, e dei grandi predatori che stanno arrivando anche dalle nostre parti.
ANIMALI SELVATICI – Sul tema della fauna incontrollata, Giacomo Brusa è stato chiaro: «La politica ambientale non può essere gestita seguendo mode che vengono dalle città e da una società che non conosce direttamente i territori e non vive in prima persona i problemi ambientali».
«L’esplosione del tutto incontrollata delle popolazioni di ungulati selvatici – da noi in particolare del cinghiale – ha causato e causa ingenti danni agli agricoltori e pericoli per la sicurezza pubblica, in tema soprattutto di viabilità», ha ricordato il presidente aggiungendo che «in questi ultimi anni i cinghiali hanno occupato tutta la parte meridionale della provincia e oggi sono saldamente attestati in zone dove mai si erano visti e il paradosso sta nel fatto che spesso gli agricoltori non riescono ad essere indennizzati visto che l’indennizzo è considerato un aiuto di Stato e non un risarcimento del danno subito».
I GRANDI PREDATORI – Per Confagricoltura, c’è «una prossima emergenza alle porte». «Siamo stati all’assemblea dell’Unione Contadini Ticinesi – ha continuato Brusa – : lì la presenza del lupo è una realtà con cui gli allevatori devono già oggi fare i conti. Non gestire queste emergenze significa porre fine a imprese agricole, al presidio del territorio con conseguenze negative per l’ambiente che invece si vorrebbe tutelare».
GLI INCENDI – L’altro tema caldo che gli agricoltori hanno voluto mettere nero su bianco è rappresentato dai recenti incendi boschivi di Campo dei Fiori, Martica, Mondonico: per questo è stata chiesta una riflessione generale in materia di politica forestale e gestione del bosco: più fasce tagliafuoco, più viabilità forestale per consentire le operazioni di taglio ed esbosco e anche per intervenire in caso di necessità.
Un dato che riguarda tutti noi: i boschi occupano metà della provincia di Varese 550 chilometri quadrati su 1300 e sono in continuo aumento. Boschi e foreste ricoprono il 36,4% della superficie nazionale e solo tra il 2005 e il 2015 sono aumentati del 5%, «ma nonostante questo il tasso di prelievo legnoso in Italia è troppo basso, molto al di sotto della media europea: in assenza di gestione non si ottengono però boschi più naturali e più belli ma si causano solo disastri e degrado».
GIORGETTI E IL RISVEGLIO DELLA TERRA – L’idea di fondo proposta da Confagricoltura si sposa con un ritorno alle origini, una sorta di “risveglio della terra“ che è titolo di un libro citato dal breve saluto del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, ma che suona pure come auspicio per affrontare le nuove sfide proposte da questo comparto: «Percepisco, anche in tanti giovani, questo spirito. In qualche modo riprendere la terra e le radici, una riappropriazione, un risveglio della terra che riporti alla dimensione vera dell’uomo».
Giorgetti poi, soffermandosi per un breve commento ha nuovamente sottolineato questa esigenza, cioè di «conciliare l’agricoltura del 2019 rispetto a qualche posizione ambientalista ed estremista che vede il lupo non come quello cattivo di Cappuccetto Rosso, ma il lupo diciamo così, buono. Cerchiamo di calarci nella realtà».
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Completamente ridicolo che Confagricoltura si dichiari ‘preoccupata’ per il ritrovamento (nemmeno sicuro) di un lupo (magari morto?) in provincia e ancora più ridicolo che varesenews dia eco alle ridicole preoccupazioni di Confagricoltura. Ci sono modi migliori di fare agricoltura e giornalismo.
Buona sera, queste sono sue preziosissime considerazioni ma non è chiaro il motivo per il quale non dovremmo parlare dell’argomento, che evidentemente era così inutile da trattare che lei: 1) ha letto l’articolo 2) ha espresso un’opinione. 3) magari ci spiegherà anche come avrebbe scritto l’articolo, visto che ha tutto il diritto di darci consigli in merito. Grazie
Buongiorno sig. Camurani
Non ho affatto suggerito di non parlare del lupo. Quello che ho voluto dire, è che una notizia naturalistica tanto interessante quanto la presenza di un vero lupo selvatico a Buguggiate, non andrebbe filtrata attraverso lo sguardo miope di chi evidentemente ha solo paura del possibile danno economico per i propri iscritti, perché questa notizia presenta degli aspetti ben più importanti che meriterebbero di essere esplorati. Cordiali saluti
Grazie per la sua risposta. Circa la presenza del lupo a Buguggiate abbiamo – come lei certamente saprà – scritto un articolo qualche giorno fa. È stato poi in passato dato grandissimo risalto ai convegni proposti dall’Università dell’Insubria proprio sul lupo e ai progetti di salvaguardia come LifeWolfAlps. Siamo in contatto coi principali esperti in materia per la verifica di queste notizie, di cui peraltro parlammo anni fa quando un altro esemplare venne trovato morto a bordo strada nei dintorni di Malpensa. Questo, a titolo di cronologia, solo per riassumerle l’impegno che profondiamo per raccontare ciò che accade sul territorio con specifiche verifiche anche sul fronte scientifico. Ora, in un convegno dove si parla di economia agricola e allevamento, vien da sè parlare anche di predatori se questi rappresentano una preoccupazione per gli operatori del settore. Non abbiamo scritto che il lupo è cattivo, o che è buono: ci siamo limitati a mettere in evidenza uno dei due problemi che questa associazione di categoria intende sottolineare (l’altro è l’incuria dei boschi). Grazie per averci scritto, siamo disponibili a pubblicare anche una sua lettera eventuale s questo tema. A presto. ac.
Buongiorno Andrea,
premetto che parlo totalmente a titolo di esperienza personale e che non sono un agronomo. Mi permetto di sollevare due dubbi:
1. che il problema di predatori NATURALI e fauna selvaggia NATURALE non possa essere ANCHE risolto tramite il ripristino di una CATENA ALIMENTARE, anch’essa NATURALE. Mi pare quantomeno strano che nessuno si ponga questa ipotesi, foss’anche solo per constatarne la sua auspicabilità (il ripristino di un equilibrio dinamico e automatico fra specie senza ulteriori interventi antropici non può non essere un obbiettivo), ma effettiva impraticabilità. Il sospetto è che di pianificazione e gestione della questione ambientale, entrambe effettive, entrambe calate “in medias res”, non in sezioni “programmatiche” di più o meno volenterose dichiarazioni d’intento, in questo senso, si parli – e soprattutto si faccia – ancora troppo poco.
2. Parliamo di silvicoltura; i costi di tale attività per tagliatori e raccoglitori di legname, pulitori di boschi e garanti, di fatto, della stabilità di un ecosistema prezioso sia a livello di risorse che di stabilità idrogeologica dell’intera provincia, a 11 euro al quintale come prezzo di vendita e a 2-3.000 euro come prezzo di acquisto di un appezzamento medio di bosco da pulire, sono sempre più insostenibili. A rovinare il mercato, la “libera concorrenza” di importatori di legname dai Paesi dell’Est, a prezzi ovviamente da fame. Provi un attimo a salire di prezzo, e prendi legnate sui denti, nel senso che la legna ti resta sul gobbo. O incentivi ai silvicoltori, o dazi antidumping sul legname. La seconda strada è poco percorribile perché ormai il legname dell’Est (Romania, classico esempio) è in gran parte comunitario, quindi non soggetto a dogana ma a intrastat. Resta quindi da risolvere la questione in sede comunitaria, anche per eventuali incentivi ai silvicoltori. Tuttavia, evidentemente, se sottosegretari e presidenti il problema non se lo pongono neppure, c’è poco da risolvere; meglio, c’è tanto, troppo, e il problema più resta irrisolto, più si aggrava.
Cordialmente,
Paolo Selmi