In memoria di Valerio Morello

I ricordi di chi lo ha conosciuto e di chi ha condiviso con lui parte della propria vita

Valerio morello genieri samarate

Varesenews vuole rendere omaggio a chi se n’è andato in silenzio, senza un momento in cui elaborare il lutto, la possibilità di dirsi ciao. Per questo abbiamo aperto un “memoriale” per raccontare chi oggi non è più tra noi. Per partecipare potete scrivere qui. Il servizio è gratuito.

Valerio Morello si è spento a 68 anni, tra il 4 e il 5 aprile 2020. Malato da tempo, ha contratto il Coronavirus.

«Valerio era il mio braccio destro, la sua morte è stata una grossa perdita per tutti noi Genieri della Protezione Civile», racconta Iuri Valter De Tomasi, «fino a due giorni prima ha prestato servizio come volontario al Centro Operativo Comunale di Samarate in piena emergenza Covid-19». Ha portato fino alla fine il suo ruolo da volontario da maresciallo anziano.  Sessantotto anni, originario di Lecce, dopo una carriera nell’esercito e trentacinque anni di volontariato nella Protezione Civile, è tra i primi a Samarate ad aderire ai genieri. Era l’istruttore anziano per i ponti Bailey costruiti in giro per l’Italia.

«Quando avevo bisogno di un consiglio chiedevo sempre a lui», continua De Tomasi. Generoso, sempre in prima linea,  propositivo e positivo, Valerio Morello era responsabile della formazione dei nuovi volontari: «Era il maestro dei ponti Bailey, ma era anche molto di più: i ragazzi non solo imparavano da lui la tecnica, ma anche come impiegare il tempo della propria vita nel sociale, per gli altri». Proprio nel periodo di emergenza che ha visto i Genieri e molti altri volontari di Samarate, ha spronato De Tomasi: «Comunque vadano le cose non dobbiamo mollare, perché i ponti, anche se sono stati costruiti, continuano a crollare», ricorda l’amico.

Aveva una predisposizione all’accoglienza, come ricorda Lucia Zavataro, della Protezione Civile toscana: «Era il nostro ponte dell’amicizia, accoglieva tutti con un sorriso. Tra tutti era il più generoso nell’accogliere i nuovi volontari, che spesso all’inizio faticano a inserirsi in un gruppo di volontari già rodato». «Con lui avevo un rapporto di amore-odio, ci scontravamo spesso perché abbiamo due caratteri forti. L’ho sempre visto come una ricchezza, ci permetta di affrontare i problemi sotto tante sfaccettature. A fine emergenza, poi, trovavamo sempre il momento di confronto e di chiarimento». All’apparenza corrucciato ed enigmatico, il suo sguardo non perdeva mai di vista nessuno: «Sentivo i suoi occhi che mi guardavano le spalle – continua Zavataro – e questo mi faceva sentire sicura e mai sola. Non posso dimenticare i suoi richiami, mai chiassosi: quasi un sospiro, ma che mi facevano voltare subito verso di lui, perché se Valerio chiamava tu non potevi non rispondere».

«Datemi una divisa più piccola della mia taglia perché sono a dieta e ho intenzione di entrare in una più stretta, questo è il primo ricordo che ho di lui. Sapeva essere molto spiritoso e, anche se a volte poteva sembrare negativo o burbero, mi ha sempre sostenuto nei momenti di crisi: riusciva a trasformare – anche nei momenti di emergenza più difficili – le lacrime in un sorriso», racconta De Tomasi.

«Negli ultimi tempi l’ho visto stanco per la malattia che combatteva da tempo – conclude Zavataro – e mentre l’ho accompagnato a casa sua per l’ultima volta mi ha salutato con uno sguardo che mi ha fatto pensare, come se mi stesse dicendo Speriamo di rivederci. Non era uno sguardo di rassegnazione, anche se era malato da tempo, perché è sempre stato caratterizzato da una forte determinazione a superare i propri limiti. Credo cominciasse a sentire la fatica della sua situazione».

 

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Pubblicato il 09 Giugno 2020
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