L’imputato e la teste ex moglie sono sordi, in aula richiesta la traduzione con la Lingua dei segni italiana
Il reato contestato a un padre nei confronti della figlia minore è violenza sessuale: la madre testimonierà sui fatti che hanno riguardato la figlia

Sarà un processo difficile, se non altro sotto il profilo tecnico prima ancora che per la corposità dei testi invocati dalle parti, 61, poi ridotti con logica di razionalizzazione dei tempi dalla giustizia dalla presidente del collegio di Varese dottoressa Basile a 15.
Ma lo scoglio principale riguarda la richiesta delle parti di un traduttore capace di trasmettere i concetti attraverso la Lingua dei segni italiana (LIS) dal momento che sia l’imputato, sia una delle testi, la sua ex moglie, sono sordi.
L’imputato è un uomo di mezza età ora non più convivente con la moglie, padre di due figli, e accusato di violenza sessuale nei confronti della figlia maggiore, poco più che adolescente al momento dei fatti, attorno al 2019, e non ancora maggiorenne.
L’azione penale è partita a seguito di una denuncia che secondo la difesa, sarebbe scaturita in seguito ad un litigio famigliare dopo il quale la ragazzina avrebbe parlato delle molestie; la famiglia a quel punto si è divisa coi ragazzi che sono stati con la madre.
Da qui è partito il processo che è ancora alle fasi embrionali e ha visto l’ammissione delle prove nella prima udienza durante la quale è stato appunto sollevato il problema della comprensione di quanto avrà da dire non solo l’imputato, ma anche la madre della parte offesa, anch’essa non udente.
Lo spunto difensivo esplicitato dall’avvocato Paolo Giudici di Monza sarà volto ad esaminare nel dettaglio i messaggi scambiati fra le parti, anche nell’ottica della precisa interpretazione lessicale.
La parte civile è difesa dall’avvocato varesino Elisabetta Brusa.
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