Malessere e gesti estremi: fenomeno in aumento tra i ragazzi anche a Varese
Il primario della Neuropsichiatria infantile dell'Ospedale del Ponte racconta l'aumento del disagio negli adolescenti tra disturbi del comportamento alimentare, ansia e depressione
I minori soccorsi dal punto di primo intervento pediatrico dell’Ospedale Del Ponte di Varese dopo aver tentato il suicidio nel 2019 erano stati 6 in tutto. Nei primi 6 mesi del 2021, invece, sono stati 42. Periodo in cui si contano 54 accessi per autolesionismo e ideazione suicidaria. A tentare l’estremo gesto sono giovani adolescenti, tra i 15 e i 17 anni, con una leggera prevalenza di ragazze sui maschi e il cui disagio spesso è già stato segnalato.
A fornire e commentare questi numeri è il primario della Neuropsichiatria infantile di Asst 7 Laghi, Giorgio Rossi: «Sicuramente il disagio dei ragazzi è molto aumentato negli ultimi due anni, anche nelle sue manifestazioni estreme come lo sono i tentativi di suicidio che, a livello nazionale e regionale, si stima siano più che raddoppiati – spiega – il forte aumento di casi giunti all’Ospedale di Varese è dovuto probabilmente anche ad altri fattori, come il venir meno di alcuni filtri, ma la situazione è preoccupante»
Tanto più se si considera che i tentativi di suicidio sono forse la parte più estrema di un disagio crescente tra giovani e giovanissimi. In due anni di pandemia, lockdown e limitazioni varie alla socialità gli accessi ai ps pediatrici sono mediamente diminuiti. Ma non per l’area neuropsichiatrica, che fatto registrare al contrario un +84% in Italia (+100% in Lombardia, secondo i dati della Società italiana di Pediatria – Sip), per la maggiore diffusione di un malessere profondo che si manifesta in molteplici forme.
Oltre all’ideazione suicida in ps aumentano gli accessi per disturbi del comportamento alimentare (+174,3% in Lombardia, sempre secondo la Sip).
E poi ci sono l’ansia, depressione e ritiro sociale «un fenomeno quest’ultimo complesso e in parte sommerso perché le esigenze del contenimento della pandemia paradossalmente hanno offerto un alibi, quasi un’autorizzazione agli occhi di questi ragazzi – spiega Rossi – ritirati in casa e attaccati al web. Le diverse opportunità di internet forse non causano ma certo sostengono la scelta dei ritiro».
Sempre più spesso a richiedere l’intervento in ps per i loro ragazzi sono le famiglie: «Quando prendiamo in carico i ragazzi in parallelo si attiva anche un sostegno per i genitori assieme a un’indagine maggiore sui contesti di fragilità sociali e familiari del ragazzo», spiega Rossi.
«Su queste situazioni di difficoltà, in epoca normale, intervengono in ottica preventiva anche le scuole e i medici di base, allarmati magari da stati depressivi, atteggiamenti autolesivi, difficoltà o sofferenze manifestate dai minori».
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