Fabio Volo: “La mia famiglia è la mia più grande fortuna”
Un'autentica folla di fans ha accolto lo scrittore all'AtaHotel per la presentazione del suo nuovo libro “Il tempo che vorrei”. Alla domanda su com'è a letto, ha risposto: «faccio delle sonore dormite»
Fabio Volo e la sua costruzione di «un mondo gentile, con tante porte che si aprono da dentro». Si potrebbe sottotitolare così il libro “Il tempo che vorrei”, edito da Mondadori, su spiegazione dello stesso autore che, davanti al folto pubblico intervenuto all’Atahotel per la presentazione del volume organizzata dalla Libreria del Corso, prosegue: è la storia di «due uomini che decidono di avvicinarsi e di raccontarsi delle cose». Il suo viaggio letterario parte da qua: il figlio Fabio che mette nero su bianco una storia romanzata, con quel tanto di autobiografico che basta a fargli dire: «la mia famiglia è la mia più grande fortuna. Amo mio padre e lo amo con tutto me stesso, anche se quando ero piccolo non sapeva quanti anni avevo e ancora oggi non riesce ad abbracciarmi».
Volo entra in una sala che non basta a contenere il migliaio di persone intervenute con quel suo fare un po’ così, da “mattatore” della porta accanto, maglione, jeans, scarpe sportive e l’incapacità di nascondere l’emozione per il lungo applauso. Lo stile resta uguale per tutto il corso della serata, animato dalla capacità che gli appartiene di miscellare sacro e profano, in un’altalena di saggezza e ironia che fa oscillare senza mai usare paroloni. Forse è proprio questo che piace tanto di lui, un mix di cultura e semplicità dispensato a piccole dosi mentre spazia da un argomento all’altro, a ruota libera come in radio, e con l’ammissione sincera: «inizio una frase e dopo due minuti non mi ricordo dove sto andando». In fondo però dove andare lo sa bene. Fabio Volo, all’anagrafe Bonetti, ha scelto di fissare il traguardo con la foto messa in copertina del libro, che lui stesso ha scattato: «è un barattolo di marmellata dove la luce brilla, ma resta chiusa dentro se nessuno decide di svitare il tappo». Per compiere l’operazione ci sono due uomini che si guardano come nelle pagine del libro: da un lato «un padre monolitico», dall’altro un figlio che vuole aprire la finestra del cuore, perché «l’importante è avere sempre chiaro quello che si vuole».
Scrittore, attore, conduttore televisivo e radiofonico, le credenziali ci sono tutte per far capire che il giovane che parla al microfono è preparato, e lui conferma la tesi, dicendosi convinto che «la fortuna è quando l’occasione si incontra con la preparazione per durare più di una stagione». La risposta è servita in rima a chi gli domanda se non si ritenga semplicemente fortunato, sdrammatizzata subito dopo, tra i cartelli che si alzano inneggiando alle capacità amatorie del “fa VOLOso”, dalla pudica confessione: «a letto faccio solo delle sonore dormite». Ne consegue che «la coppia in sè dipende dalla misura delle persone che la compongono, per questo spesso le cose che nascono come provvisorie, non avendo pressioni, sono le più durature». La fede? Non si addentra nel trascendentale e si limita ad affermare: «la mia religione è quella della nonna, che quando ero piccolo mi diceva sempre che dovevo avere quel che ci vuole, semplicemente un po’ di buon senso». Quanto alla televisione «è uno scatola quadra, ho fatto bene a starne lontano». Ma ammette di pensare ad un prossimo ritorno, e fa le prove generali mettendosi in posa, scherzosamente hollywoodiana, per le foto e gli autografi ai fans.
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