La scomparsa della cronaca nera

Dove si parla di nomine politicizzate in Rai e di obiettività dei telegiornali: in che stato è l'informazione sui reati sotto il "regime Raiset"?

Televisione come snodo decisivo e specchio (deformato) della società. Lo spunto arriva da Roberto Caielli, affezionato lettore di Varesenews, a rilanciare il tema con una lettera che riprende le discussioni sulla nomina di Gianluigi Paragone a vicedirettore di Raiuno, andando poi a toccare altri e non meno rilevanti temi legati all’informazione. Come la scomparsa della cronaca nera dai telegiornali, ad esempio, riflettendo sui  dati della più recente indagine dell’osservatorio di Pavia su "sicurezza e media". Dati che non sono sfuggiti ai più attenti osservatori, come Ilvo Diamanti, commentatore ed analista di repubblica. La cronaca nera è scomparsa: la criminalità è "ufficialmente" debellata nel sentire comune. Già Marco Travaglio, nel suo memorabile "La scomparsa dei fatti", aveva del resto preannunciato, facile profeta, questo trend.
"Le notizie dei 6 TG Rai & Mediaset dedicate alla cronaca nera sono diminuite di 20 punti dal 2007 al 2008" ricorda Caielli. "Ma calano del 50% (cioè: si dimezzano) se si confronta il secondo semestre del 2007  (quando governava il centrosinistra, ndr) con il primo del 2009. Più che un calo: un crollo. In gran parte determinato da due fonti. Tg1 e Tg5, che da soli raccolgono e concentrano oltre il 60% del pubblico. Le notizie relative ai reati proposte dal Tg1 in prima serata, dal secondo semestre del 2007 al primo semestre del 2009, si riducono: da oltre 600 a meno di 300. Al Tg5 fanno anche meglio, per la nostra tranquillità: i servizi dedicati a episodi criminali, infatti, era di 900 nel secondo semestre del 2007. Nel primo semestre del 2009 scendono a 400". 

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Ma non finisce qui. Caielli, rileggendo l’editoriale del nostro direttore Marco Giovanelli sul "caso Paragone" e i relativi commenti, nota "certe difese dell’indifendibile che si attaccano al vecchio, vecchissimo, e un po’ infantile, ‘…si, però anche gli altri lo fanno…’".
 Un "così fan tutti" che non lo convince.
"Osservatori di solito puntigliosi" scrive "travisano i termini del ‘paragone’ (mi si perdoni il bisticcio), accostando la nomina del CdA, che compete propriamente alla politica, all’assunzione di un giornalista che in nessun modo può giustificarsi con il diritto di rappresentare un partito. È noto che nel CdA Rai siedono in maggioranza consiglieri del centro-destra (e tra essi, da anni, l’on. Bianchi in quota Lega) e che una prassi di garanzia vuole che il presidente sia gradito all’opposizione: così è stato scelto il Presidente Galimberti, senza alcuno scandalo nè per lui, nè per gli altri membri del consiglio.
Altra faccenda è l’assunzione, dettata da una pura logica partitica, di un giornalista, e la sua nomina a vicedirettore del primo TG nazionale, quel TG1 che è riuscito a non dare mai alcuna notizia dello scandalo delle bugie del Primo Ministro, il quale ieri dichiarava minaccioso ‘La Rai non può attaccarmi’ (cioè dare rilievo ai dati niente affatto positivi della nostra economia, che il premier amerebbe occultare)".
In altre parole: "Si può accettare senza batter ciglio che un giornalista sia messo lì ‘in quota a un partito’, certificando di fatto che l’indipendenza dell’informazione non è più un valore che abbia corso nell’Italia di oggi? No. Bene ha fatto dunque il direttore di Varesenews a dire qualche parola chiara, a nome anche di chi tace per timore o per stanchezza".

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Pubblicato il 10 Agosto 2009
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