Adolescenti dentro e fuori la (R)ete: fra disagio e codici di comunicazione

Si è svolto stamane ai Molini Marzoli un importante convegno fra medici, educatori, insegnanti. Una gioventù che cambia con il contesto sociale e tecnologico, resta la delicatezza di un'età di passaggio da saper ascoltare

"Adolescenti dentro e fuori la rete": era questo il titolo del convegno tenutosi in giornata presso la sala Tramogge dei Molini Marzoli di Busto Arsizio e che ha visto fare il punto su un progetto, sotto l’egida dell’azienda ospedaliera bustese, e in particolare dell’Unità operativa di neuropsichiatria infantile, la cui responsabile d.ssa Maria Grazia Brumana introduceva i lavori, seguita dagli psicoterapeuti dottoresse Santarone (sul progetto dell’unità operativa) e Pelanda ("la rete del mondo adulto"). Il convegno mirava ad essere un emomento di riflessione sugli adolescenti di oggi, sulle relazioni fra loro e con gli adulti; ma anche di interazione fra i soggetti che, appunto "in rete", operano sul campo con i giovani che attraversano questa delicata fase evolutiva. Un evento formativo, mirato agli operatori dei servizi e del privato sociale: neuropsichiatri, psichiatri, psicologi, assistenti sociali, educatori, dirigenti scolastici, insegnanti, tutte figure che si occupano della complessa fascia d’età dell’adolescenza. Interessanti spunti anche da una riflessione sulla “comunicazione in Rete” intesa proprio in senso hardware e software, come Internet.
Saper "leggere" le forme del disagio psicologico nell’adolescente è un passaggio chiave: le si ritrova espresse in forme diverse e svariate, che si riverberano sui comportamenti. Gli stress biologici, psicologici, sociali e relazionali, uniti allo spaesamento e all’insicurezza nel ruolo di molti genitori, rendono questa età di passaggio quella decisiva le cui esperienze "segnano" per la vita; tanto più necessario aprofondire e confrontare le esperienze concrete di chi vi sta a a contatto. A fronte di una consapevolezza e di richieste di aiuto in crescita presso le Unità Operative di Neuropsichiatria Infantile, si imponeva la realizzazione di una vera “rete dei servizi”.

Fra i temi affrontati nei numerosi interventi spiccava come detto quello dei modelli comunicativi, in profondo mutmento rispetto appena a pochi anni or sono: dall’espressività sociale del gruppo a quella mediata dal computer o dal cellulare. I ragazzi sono oramai gli esperti in questo campo, e rischiano a volte di fare un uso improprio delle ore che passano attaccati a questi mezzi. Lo psicologo Matteo Lancini dell’istituto Minotauro di Milano vi dedicava le sue riflessioni: «Parliamo oggi di adolescenti "nativi digitali"» diceva sintetizzando l’intervento «che accedono alle tecnologia “appena nati”, diciamo così, a otto anni sono davanti al pc; e da lì in avanti diventano loro i protagonisti della gestione del mezzo. Accade così un fenomeno che definiamo di "socializzazione rovesciata", per cui se prima era l’adulto la guida, diventano loro gli esperti. Entrando in età adolescenziale è tanto più importante che tutti gli adulti capiscano cosa vuol dire avere un ruolo educativo. Vi sono reazioni diverse, ma è sbagliato voler "abbattere la tecnologia". Cosa vedono i ragazzi intorno a sé? Chi ha "fatto i soldi" nel mondo attuale? Chi inventa tecnologie, ragazzi come l’inventore di Facebook, come i fondatori della Microsoft. Il mezzo tecnologico c’è, l’interrogativo corretto da porsi è su come usarlo e governarlo», per un armonico sviluppo della personalità del giovanissimo, «non bisogna fare della paranoia». Un intervento di un rappresentante della Polizia postale ha viceversa, ovviamente, messo in guardia contro i pericoli che i giovanissimi possono correre a causa dell’abuso dello strumento informatico, che richiede comunque sempre, competenza, discernimento, prudenza e la vicinanza degli adulti. «Non mettete il computer in camera» è uno dei piccoli accorgimenti suggeriti.

Fra gli educatori importanti erano anche le testimonianze, in particolare quella locale intitolata semplicemente "Come stare insieme" e portata da Enza Schillaci, Chiara Franchi, Carlo Berto, attivi a Busto Arsizio e a Fagnano, da Elis Ferracini e Claudia Maffei a Tradate e da Giuseppe Buonofiglio a Saronno. Tutti educatori del progetto integrato sugli adolescenti promosso dall’azienda ospedaliera per un anno, che oggi "si raccontava" di fronte al pubblico misto di operatori sociali, sanitari, dell’educazione. Si è "data parola" agli adolescenti incontrati sul percorso e si sono raccontati gli strumenti educativi impiegati da questi veri “tecnici delle relazioni”: «usiamo un metodo narrativo, rigoroso ma basato sul racconto. Gli ambiti di intervento del progetto erano quelli del mondo interiore ed esteriore dei ragazi, lo scopo tenere connessi questi mondi, e promuovere una crescita globale delle persone. Tutto facendo uso di codici comunicativi misti» (anche qui l’importanza del mezzo e della comunicazione): «affettivi, cognitivi, anche di espressività corporea: non a caso, l’intervento educativo si è concluso con una pièce tetatrale che evocava l’arte e il lavoro quotidiano nella costruzione dei legami».

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Pubblicato il 03 Dicembre 2010
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