Anche Socrate è stato presidente della repubblica di Atene per tre giorni

Luciano Canfora, docente di filologia greca e latina, ha incontrato gli studenti del liceo classico «E. Cairoli» sul tema “Le democrazie degli antichi e dei moderni”. Un'occasione straordinaria per ascoltare uno tra i più autorevoli intellettuali italiani sullo stato di salute della nostra democrazia

Luciano Canfora, docente di filologia greca e latina presso l’Università̀ degli Studi «Aldo Moro» di Bari, ha incontrato gli studenti del liceo classico «E. Cairoli» di Varese. Un’occasione straordinaria per ascoltare uno tra i più autorevoli intellettuali italiani sullo stato di salute della nostra democrazia. Lo storico ha tenuto una lectio al Salone Estense sul tema “Le democrazie degli antichi e dei moderni”. (nella foto, Luciano Canfora nella biblioteca del liceo Cairoli).

Professore, oggi i politici utilizzano il termine democrazia per demonizzare l’avversario politico e bollarlo come antidemocratico. È un fenomeno recente?

«Tutto il ‘900 è stato attraversato da questa violenta discussione. Nella prima guerra mondiale le potenze Germania e Austria erano contro le democrazie, ma non era vero per nulla perché le democrazie occidentali erano coalizzate con lo Zar di Russia che non era proprio un campione di democrazia. Si dava spazio a questa contrapposizione per nascondere i diversi interessi imperiali. I giudizi sommari che dividono il bene e il male raccolti sotto il termine democrazia contrapposta al suo contrario, cioè la tirannide, sono parole al vento che hanno un’efficacia strumentale però falsa. E questa tendenza si è riproposta in Europa nel dopoguerra».

Perché le parole libertà e democrazia pur avendo significati diversi vengono spesso usate come sinonimi?
«Sono due concetti diversi tra loro, per il filosofo Norberto Bobbio sono addirittura due valori contrapposti se pensati in maniera totale. Se si ripercorre la storia del ventesimo secolo ci si accorge che l’uso come un randello della parola democrazia alla fine è comico. Tutto il primo dopoguerra è giocato sul terreno della democrazia e del suo contrario, ma la cosa imbarazzante era che le democrazie cosiddette occidentali si trovarono a contrapporsi soprattutto alla rivoluzione comunista stabilendo dei buoni rapporti con il fascismo. Churchill, che è stato poi uno dei grandi vincitori della seconda guerra mondiale, ha scritto una serie di articoli inneggiando a Mussolini e al fascismo come la grande soluzione al problema politico italiano, il vero erede di Roma. Con la Guerra Fredda ricomincia la solita rappresentazione: noi siamo democratici e voi no. La propaganda io la rispetto, basta sapere che ciò che dice non è vero. È uno strumento di lotta come possono esserlo i cannoni».

Il Movimento Cinque Stelle ha scelto on line il candidato al Quirinale, si tratta della giornalista Milena Gabanelli che si è detta "onorata ma sopravvalutata". In che rapporto sono tecnologia e democrazia?
«Anche Socrate si trovò a fare il presidente della Repubblica per pochi giorni ad Atene, gli andò male perché disse il contrario di quello che si voleva dicesse e lo tirarono giù. Non è che Napolitano sapeva fare il presidente della repubblica, prima di farlo era un giornalista e per diventare presidente avrà studiato la politica. Quindi non c’è da scandalizzarsi poi tanto, s’impara. Per quanto riguarda il tema della tecnologia, va considerata un fattore di storia. Secondo il grande studioso Arnaldo Momigliano la lotta di classe è un grande fattore di storia, ma non l’unico. E un po’ scherzando e un po’ sul serio, diceva che anche la follia, l’amore sono fattori di storia. Io aggiungerei la tecnologia che ha fatto fare un salto alle dinamiche storiche, basti pensare alla bomba atomica che ha cambiato la dinamica delle guerre in via definitiva. Nel tardo quattrocento l’Europa piccolissima dà l’assalto al mondo e conquista l’estremo oriente e l’America creando così imperi colossali. Tutto questo succede per un salto tecnologico realizzato sulle flotte di queste potenze europee che coniugarono la polvere da sparo, quindi i cannoni, con la navigazione d’alto mare. Quello che accadde allora ha avuto vitalità per oltre tre secoli. Questa riflessione vale anche per le piccole cose perché è molto probabile che le tecnologie consentiranno ai cittadini di far sentire la propria voce al di là della delega parlamentare tradizionale».

Molte decisioni vengono delocalizzate, cioè prese in sedi diverse da quelle istituzionali. È rischioso per la democrazia?

«Certo, perché in questo modo la democrazia diventa asfittica. Noi siamo tutti ammirati della bravura di Mario Draghi, ma sappiamo che non è un governante democratico ma un governante tecnocrate. I grandissimi conoscitori dell’economia mondiale sono l’equivalente dei filosofi di Platone cui Platone voleva delegare la direzione della Repubblica».

Noi viviamo in una democrazia eppure spesso sentiamo parlare di nuovi schiavi. Secondo lei, è  un fenomeno legato alla mancanza di rappresentanza?
«Nelle prime stesure della costituzione americana è previsto l’istituto della schiavitù e tutta quella rivoluzione è in nome della libertà intesa come indipendenza da un potere esterno, quello dell’Inghilterra, ma la schiavitù rimane fino alla guerra civile americana. Il primo che afferma il valore intangibile della libertà, affermando il principio che non si puo’ diventare schiavi per debiti, è Solone. Nel 594 a.c.  ribadisce anche che chi è schiavo rimane tale. Ad Atene l’abisso tra libertà e schiavitù, grazie all’uomo che rivendica la libertà dei liberi, diventa immenso. I raccoglitori di pomodori di Cerignola o i neri di Rosarno sono da considerare nuovi schiavi. Nella schiavitù c’è una carenza di rappresentanza e l’errore colossale di Marx e del Manifesto è credere che la schiavitù appartenga all’antichità».

I leader della Lega Nord e del Movimento Cinque Stelle rivendicano il principio di libertà, ma poi con gli iscritti si comportano come tiranni. È una contraddizione che puo’ convivere con il desiderio di libertà?
«Gli esempi nella storia sono molti. Bakunin, leader dell’anarchia mondiale, era dispotico. Il problema della libertà è enorme. È un termine complesso e la sua definizione sul piano filosofico è una questione tutt’altro che risolta. La libertà nasce in Grecia come un valore tipicamente aristocratico come bene assolutamente intangibile contro figure politiche che sono il tiranno o contro il popolo ignorante incapace di giudicare».

Che cosa le piace del Movimento Cinque Stelle? 
«Lo conosco poco, però mi piace lo stile castale che ha introdotto rispetto alla vita parlamentare. E i giornalisti stanno attenti se Crimi viaggia in prima classe oppure no. Il presidente della Camera dei deputati non si sarebbe mai sognato di dimezzarsi lo stipendio se non ci fosse stato il movimento di Grillo. Come si svilupperà non lo so, dipende dagli uomini e dalle loro capacità. Potrebbe disfarsi come accadde al partito creato da Guglielmo Giannini (fondatore del partito dell’Uomo qualunque ndr), che raccoglieva un po’ di moralismo e un po’ di criptofascismo, ma a differenza di quest’ultimo il movimento di Grillo pone questioni decisamente innovative».

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Pubblicato il 17 Aprile 2013
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