Censite le terre incolte e datele ai giovani. Così rinasce l’agricoltura

La proposta di Massimo Crugnola dell'Ortobiobroggini. «In Francia ha funzionato, dovrebbero farlo anche i comuni soprattutto quelli del nord della provincia»

giovani agricoltori

«In questi anni ho incontrato molti giovani aspiranti agricoltori che scelgono la terra per una ricerca di senso della loro esistenza. Ciò che serve però non sono ulteriori soldi da parte dello Stato, quanto piuttosto trovare le modalità affinché questi ragazzi abbiano accesso alla terra». Massimo Crugnola, dell’azienda agricola OrtobioBroggini di Calcinate del Pesce, svela un luogo comune molto radicato nell’immaginario collettivo, ovvero che se non sei un proprietario terriero non puoi diventare agricoltore, e lo fa partendo dalla propria esperienza personale. (nella foto Jacopo Ossola agricoltore di Leggiuno incontrato nel 141Tour Expo)

Non è vero dunque che per iniziare a fare l’agricoltore occorre comprare la terra da coltivare e non serve nemmeno avere la fortuna di ereditarla. Molti agricoltori la affittano proprio come hanno fatto Luisa Broggini e Massimo Crugnola agli inizi della loro attività. Quello che serve semmai è un progetto di lungo periodo per arrivare a una redditività soddisfacente.  L’Ortobiobroggini dopo 25 anni coltiva tre ettari e mezzo di terra in affitto e dà lavoro a tre persone, vende direttamente il 90% della sua produzione e nei mesi invernali integra queste fonti di reddito con interventi di attività ambientale.

In altri paesi come la Francia hanno dato una risposta alla domanda di terra per uso agricolo con uno strumento burocratico, aggettivo che per i transalpini, a differenza degli italiani, non ha una valenza negativa. «Il censimento delle servitù militari sui terreni demaniali francesi nel Massiccio Centrale – spiega Crugnola – ha permesso a molti giovani di ottenere quelle terre stipulando contratti di comodato (prestito d’uso gratuito, ndr) per una durata di trent’anni. Serve che anche da noi si faccia questa cosa: le amministrazioni, a partire da Varese procedendo verso il nord della provincia, devono fare un censimento dei terreni incolti da assegnare a chi vuole fare agricoltura».

Riportare l’agricoltura in alcune zone della provincia vuol dire anche evitare il dissesto del territorio, l’avanzata incontrollata dei boschi con la conseguente perdita di biodiversità e la scomparsa dei prati magri. «Tutto l’ecosistema  ne gioverebbe – dice l’agricoltore – pensiamo solo agli uccelli di passo che ritornano in determinati periodi dell’anno e che da tempo non ci sono più».

Spesso i giovani che si avvicinano all’agricoltura arrivano da altri settori: sono biologi, laureati in scienze ambientali, in economia e anche nei casi in cui hanno scelto di studiare agraria non lo hanno fatto per essere impiegati nelle grandi multinazionali o negli enti pubblici. «Vedo in loro molta passione e il serio tentativo di dare un senso alla vita, aspetti che vanno assecondati e indirizzati – conclude Crugnola – gli stessi sentimenti che avevamo noi all’inizio quando eravamo senza terra e senza soldi».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

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Pubblicato il 02 Settembre 2015
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