Florina e l’onorevole. “Di Maio chieda scusa ai rumeni”

Florina Cazacu è la figlia di Ion, il muratore rumeno bruciato vivo nel 2000. Risponde al parlamentare del Movimento 5 Stelle: "Mai generalizzare, io non l'ho fatto neanche quando hanno ucciso mio padre"

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«Proprio oggi, 14 aprile, è l’anniversario di quello che è successo a mio padre». Florina Cazacu è la figlia di Ion Cazacu, il muratore rumeno morto nel 2000, cosparso di benzina e brucato a Gallarate dal “padroncino” Cosimo Iannece. Parla con voce calma e allo stesso tempo determinata, Florina. Come in altre occasioni, ma questa volta al dolore del ricordo si aggiunge qualcosa in più.

Nei giorni scorsi ha dovuto ascoltare – come decine di migliaia di rumeni che vivono in Italia – le parole di Luigi Di Maio, uno dei leader del Movimento 5 Stelle: «Mentre la Romania sta importando dall’Italia le nostre imprese, i nostri capitali, l’Italia ha importato dalla Romania il 40 per cento dei loro criminali», ha detto. Una frase che piega i dati (qui è spiegato nel dettaglio) per dire una cosa scorretta, facendo intendere che i criminali rumeni si siano trasferiti in massa in Italia e che i rumeni italiani siano, di fatto, dei criminali.

Florina ha avuto un rapporto stretto con Dario Fo: hanno scritto insieme il libro che racconta la storia di Ion, “un uomo bruciato vivo”. Fo negli ultimi anni era vicino al Movimento 5 Stelle e forse anche per questo la prima reazione di Florina è stata di incredulità: «Non ho reagito subito perché pensavo fosse un equivoco. Mi aspettavo ci fosse una replica, una presa di distanza, un chiarimento. Ma non è un equivoco: Di Maio ha trasformato delle informazioni del ministero dell’interno rumeno in qualcos’altro, scatenando una campagna contro la comunità rumena».

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Florina Cazacu con Dario Fo, alla prima presentazione del libro scritto a quattro mani, avvenuta al Teatro del Popolo di Gallarate

E rivolgendosi direttamente all’onorevole pentastellato, Florina racconta cosa vuol dire – per una vittima della violenza – non cedere alla tentazione di trasformare responsabilità dei singoli in responsabilità collettive, di un popolo intero. «Di Maio compie un errore nel generalizzare: applica le caratteristiche di un singolo ad un intero popolo. Mia figlia ha 12 anni e ha cittadinanza rumena, viviamo da anni a Gallarate: perché deve essere guardata come una delinquente? Se dovessi usare lo stesso metro usato da Di Maio, dovrei pensare che tutti gli italiani sono assassini, come Cosimo Iannece, l’assassino di mio padre. E invece no, non la penso così. Non l’ho fatto allora, quando ero una ragazzina di 17 anni sconvolta, non lo faccio oggi, che sono diventata adulta, ho scelto l’Italia come mio paese».

Dura è l’accusa rivolta al vicepresidente della Camera: «Di Maio ha scordato le promesse fatte ai cittadini e si comporta oggi da politico esperto. Oggi il problema è la fiducia nella giustizia, che è venuta a mancare in tanti italiani: non c’è da parte mia come da parte di tanti altri, è un giudizio unanime. È questo il problema, mentre invece Di Maio sposta l’attenzione su altro, indica un nemico: aveva ragione Dario, quando diceva che per fare carriera nella politica e nei palazzi del potere serve avere un nemico da utilizzare nei momenti di difficoltà. Probabilmente l’onorevole Di Maio pensa che la comunità rumena possa essere usata come uno strumento di potere. Ma il razzismo in Italia è un reato».

Le parole di Luigi Di Maio hanno ferito Florina, che pure ha imparato a convivere con il dolore della scomparsa del padre e che – attraverso il racconto della sua storia – s’impegna per la giustizia. Mentre lavora e fa la mamma, si dedica infatti a tanti progetti: «Il 29 marzo ero a Lugano per presentare il libro alla settimana internazionale contro il razzismo. In Grecia stanno lavorando ad un’opera teatrale a partire dal nostro libro. La mia intenzione è sempre quella di fare un film e vorrei che in questo caso si partisse dall’Italia: sarebbe una forma di riscatto di due popoli, quello rumeno e italiano. Quello rumeno, che ha dovuto soffrire nell’emigrazione per cercare condizioni migliori, che ha dovuto scontrarsi con pregiudizi. Ma anche un riscatto del popolo italiano, che è spesso ancora oggi catalogato all’estero come un popolo di mafiosi. Ma non si può generalizzare, mai: io ho incontrato tanta gente perbene, ho fatto dell’Italia casa mia e so che Cosimo Iannece – che ha ucciso mio padre – non può essere identificato con un’intero popolo».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 14 Aprile 2017
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Commenti

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  1. Roberto Colombo
    Scritto da Roberto Colombo

    la signora Cazacu non si è accorta di ciò che fanno i suoi connazionali, in Italia? e la prenda con loro: mi sembra più logico.

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