“Come ho salvato le pesche di Monate dalle cimici voraci”
Nel 2016 e nel 2017 gli insetti asiatici hanno compromesso oltre la metà del raccolto. Danni e rimedi raccontati dal frutticoltore Luca Franzetti
È una produzione limitata e come tutte le cose rare e prelibate, va a ruba. Ma negli ultimi anni a rendere ancora più introvabili le Pesche di Monate, fiore all’occhiello dell’agricoltura varesina, ha contribuito un nemico venuto da lontano. Ne sa qualcosa Luca Franzetti, titolare dell’azienda agricola Le Selve di Travedona, uno degli ultimi produttori rimasti di questa specialità del territorio.
«Per la nostra realtà – racconta Franzetti – la cimice asiatica è stata una vera piaga. Soprattutto negli anni passati. Nel 2016 ci è costata oltre il sessanta per cento del raccolto e nel 2017 circa la metà. Potete immaginare il danno causato».
La frutta però, verrebbe da dire, si raccoglie d’estate quando di cimici se ne vedono poche. «Con l’arrivo dell’autunno – prosegue il coltivatore – specialmente in queste belle giornate d’ottobre, risultano decisamente più visibili all’uomo perché si avvicinano alle case attratte dal tepore delle abitazioni ma la verità è che non se ne sono mai andate».
Non punge e non trasmette malattie ma, seppur innocuo per l’uomo (così come altre specie “aliene” invasive come la Popillia japonica, la Drosophila suzukii o la Aetina tumida), questo insetto arrivato da Oriente sta dando filo da torcere a moltissimi agricoltori di tante regioni Italiane e ha sconfinato anche in Canton Ticino. La cimice asiatica, dalla tipica colorazione rosso-marrone “marmorizzata”, ha invaso infatti le coltivazioni da frutto con una particolare predilezione per gli alberi che offrono mele, pere, pesche, prugne e ciliegie.
E il danno causato purtroppo è irrimediabile: «Quando la cimice si posa su un frutto ne succhia il nettare e lo necrotizza. L’effetto è che non cresce più ma appassisce, alla vista sembra rinsecchito – spiega Franzetti -. In fase di maturazione questo processo non si nota esternamente ma è evidente appena la frutta viene aperta e pulita». Perdere il raccolto è uno dei rischi più temuti per un agricoltore e non solo dal punto di vista economico. Significa anche veder andare in fumo il risultato di un anno di lavoro, sacrifici e cura.
L’attività di Franzetti è relativamente recente. La sua azienda è stata avviata dieci anni fa “sulle orme” della coltivazione di pesche, prugne e alberi da frutto tramandata dal nonno che negli anni Cinquanta li aveva piantati nei terreni sulle rive del lago di Monate. Un’eredità di passione e tradizione che il nipote ha recuperato e fatto diventare una professione. Un motivo in più, forse questo legame affettivo, per darsi da fare per proteggere “dagli invasori” questa produzione tanto caratteristica e rinomata.
«Negli scorsi anni abbiamo pagato il prezzo di aver sottovalutato il problema – riconosce -. I primi effetti dell’invasione erano infatti visibili già dal 2015 ma non eravamo preparati. Se si considera che ogni femmina depone fino a quattrocento uova si può comprendere immediatamente quello che ne è derivato. Quest’anno però, dopo alcuni esperimenti, siamo riusciti ad arginare il problema. Certo non a risolverlo completamente perché il 15 per cento della produzione è andato perso ma in un certo senso l’abbiamo contenuto. Nel nostro caso ha funzionato l’utilizzo di alcune trappole a feromoni che riescono ad attrarre le cimici lontano dai frutteti nei mesi di raccolta (da luglio fino alla prima metà di agosto, ndr). Avevamo provato anche altri metodi ma questo si è rivelato il più efficace. Così, nonostante le difficoltà, le pesche e le prugne di Monate anche per quest’anno sono salve».
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