Nel DNA la ricetta del nostro benessere

Al Centro Polispecialistico Beccaria, un genetista con un prelievo del sangue e una breve intervista rivela la giusta ricetta per una vita sana e in forma

dna

Una dieta da 1300 calorie non basta per perdere peso? La bilancia non sorride nemmeno se si mangia solo frutta e verdura? Probabilmente il nostro corpo ci sta dicendo che la strategia è sbagliata e che tutti i sacrifici che facciamo servono a poco. Quando non sono del tutto controproducenti.

« Il nostro corpo è una macchina perfetta che reagisce secondo la sua logica – spiega il genetista Renato Colognato – ragiona ancora come quando, nell’era primitiva, doveva immagazzinare riserve di cibo per sopperire alle battuta di caccia andate male. Davanti all’assunzione di calorie insufficienti al nostro fabbisogno, al posto di bruciare le riserve, inizia ad accumularne per poter sopravvivere».

Il biologo, esperto in medicina immunonutrizionale consulente del Centro Polispecialistico Beccaria, ricorre a un’immagine evocativa per raccontare il meccanismo alla base del nostro benessere: « È tutto scritto nel nostro DNA – rivela il dottor Colognato – sapere quale sia l’elisir per la nostra vita sana è possibile e, soprattutto, benefico».

La scienza ha fatto passi da gigante. Soprattutto lo studio dei geni sta ottenendo grandi risultati, costruendo percorsi curativi ma anche personalizzati per il benessere della persona, cioè tarati su misura in base alla conformazione del nostro corpo: « È bene distinguere tra la genetica predittiva che scandaglia potenziali variazioni genetiche che preannunciano predisposizione a patologie, dalla genetica prognostica che si basa su caratterizzazioni comuni che influenzano il nostro benessere».

dr. Renato Colognato

 La genetica individua quindi la ricetta perfetta, o quasi, del proprio stato di salute: « Non è solo questione di genotipo ma anche di ambiente in cui uno vive, di livello di stress. Fattori concatenati che determinano il fenotipo personale. Ed è proprio sul fenotipo che occorre concentrarsi per individuare la ricetta del nostro equilibrio. Con la nutrigenetica arriviamo a costruire la giusta alimentazione perché indaghiamo gli effetti per arrivare a correggere le cause. Ci sono persone a cui sport e movimento portano benefici ridotti perchè hanno un enzima mutato che blocca i classici benefici del movimento; altre che ottengono giovamento da zuccheri o carne rossa. Affidarsi a diete generiche con quantità più o meno definite di
calorie potrebbe lasciare delusi e scoraggiati… oltre che affamati».

Si parla di “medicina di precisione” perché il paziente non è solo un ammalato, ma una persona, considerata nel suo stile di vita. Così, con la nutrigenetica, si arriva a costruire la giusta alimentazione adatta all’equilibrio personale.  

Per fotografare il proprio fenotipo è sufficiente una chiacchierata in grado di costruire l’anamnesi personale e famigliare.  Con i risultati degli esami del sangue che evidenziano i parametri biologici e biochimici, si comincia a delineare il quadro che viene completato con test specifici di farmacogenetica e nutrigenetica ( un esame del sangue ma anche un banale tampone orale) adatti a raccontare come il genotipo viene influenzato da ciò che si immette nell’organismo e anche da ciò che interagisce o crea reazioni con il corpo: « Quello che si ottiene alla fine dell’indagine – racconta il genetista che riceve al centro Polispecialistico Beccaria – non è semplicemente una dieta ma un modello di vita».

Famacogenetica e nutreigenetica sono ancora termini poco diffusi a livello di approccio medico anche se sempre più ampi sono gli ambiti di indagine ed applicazione sia in campo clinico sia nella prevenzione. Si indaga la fisiologia dell’individuo al posto della patologia, si allarga lo spettro di indagine invece di concentrarsi sul problema. Progressi importanti si registrano soprattutto in oncologia dove la medicina personalizzata poggia proprio sull’interazione dei principi farmacologici con il fenotipo per determinarne l’efficacia : « È un settore di studio che risale solo a dieci anni fa – commenta lo specialista che si definisce “topo di laboratorio” per sottolineare la sua passione per i continui sviluppi nel campo delle scienze biologiche che si ottengono – Si sta recuperando posizioni ma occorre ancora molta formazione. Siamo in cammino, ma ci stiamo arrivando».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 12 Novembre 2018
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