Quel lunghissimo applauso al giudice Giuseppe Battarino

L'addio alla magistratura del gip del Tribunale di Varese è stato accompagnato da tante persone

Un applauso interminabile. Tanti occhi lucidi e un senso di gratitudine diffuso non così comune, almeno non in un’aula di tribunale. L’addio di Giuseppe Battarino alla magistratura è stato accompagnato da tante persone: magistrati, avvocati, personale amministrativo, giornalisti, amici e semplici curiosi attirati da quella “strana udienza”, al primo piano del palazzo di giustizia, senza imputati, con tanti uditori in piedi ad ascoltare in silenzio.
Molti di loro in questi ultimi trent’anni hanno condiviso e sono stati testimoni di quella pietas che ha contraddistinto il lavoro del giudice Battarino, un magistrato che ha cercato di prendersi cura degli altri in nome di una professione che richiede più autorevolezza che autorità.
«Una volta l’ho visto abbracciare un detenutomi ha dato del tu, fin da subito. Una cosa che non mi era mai capitata».
Per Battarino la ricerca di senso del suo ruolo trova una risposta nella considerazione dell’altro. La stoffa di cui è fatto l’essere umano è una trama di emozioni e il suo rispetto non mette certo in dubbio né l’osservanza della legge, a cui è soggetto il giudice, né l’equilibrio del giudizio, anzi.
Ciò che interessa al magistrato è dunque la persona, immortale nella sua capacità di sbagliare e in quella di redimersi. È sufficiente una spinta gentile, sostenuta da una paziente razionalità, per cambiare nella comunità la considerazione dell’istituzione che si rappresenta. Cioè quello che fino ad oggi ha fatto questo magistrato che nel 2011 ha anche accettato il trasferimento al tribunale di Paola in Calabria, perché a corto di Gip, su ordine del Consiglio superiore della magistratura. Niente male per uno che a pelle non ama i facili eroismi.
In un racconto, relativo a un caso giudiziario, Battarino scrive: «Quando si procede ai sensi dell’art. 21 disp. att. c.p.p. cerco di sapere qualcosa di reale sulle “condizioni di vita individuale, familiare e sociale” di chi ho davanti. È innanzitutto un ragazzo dal fisico minuto, con i capelli corti e leggermente diradati, felpa e pantaloni con griffe false. Per prima cosa, alla declinazione della data di nascita, gli faccio gli auguri, e capisce che in un’udienza di convalida di arresto ci si può anche scambiare un sorriso».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 18 Gennaio 2023
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