Il “Totem” di Tavernari ripulito e restituito alla città di Varese
Una piccola ma sentita cerimonia è avvenuta alla presenza dell'assessore alla cultura, ma anche del direttore dei Musei Civici Daniele Cassinelli e della figlia Carla Tavernari, insieme al restauratore Marco Vallino
“Più che una inaugurazione, siamo davanti a una restituzione”: così l’ha definita l’assessore alla Cultura di Varese Enzo Laforgia l’inaugurazione in via Albuzzi, della versione restaurata della scultura Totem di Vittorio Tavernari che, lo scorso 22 maggio, era stata imbrattata con vernice.
Una piccola ma sentita cerimonia avvenuta alla presenza dell’assessore alla cultura, ma anche del direttore dei Musei Civici Daniele Cassinelli e della figlia Carla Tavernari, insieme al restauratore Marco Vallino.
«Un atto criminale che ferisce un’opera d’arte di proprietà di tutti, non solo dei cittadini, ma anche delle generazioni future» era ciò che aveva dichiarato l’assessore Laforgia nelle ore successive al danneggiamento, a seguito del quale l’Amministrazione comunale aveva presentato denuncia contro ignoti alla Procura della Repubblica. Ma ora l’assessore sottolinea: «Questa è la dimostrazione del fatto che la stupidità esiste. Come insegna lo storico Carlo Cipolla, stupido è chi commette un atto che danneggia sè stesso e gli altri. E questo è stato un atto di stupidità».
«Oggi viene restituita alla collettività un’opera di un artista internazionale che già da molti anni arreda e valorizza la nostra città e che questa Amministrazione ha voluto, nel minor tempo possibile, riportare al suo stato originario e curarne la manutenzione – ha continuato Laforgia – Le opere a cielo aperto come questa costituiscono infatti la prima testimonianza visiva del patrimonio artistico della comunità locale di cui esprimono il fervore creativo. E’ per questo che devono essere sempre tutelate e valorizzate: per perpetrare il senso del bello e il valore estetico come parte integrante del pensare e dell’agire di una amministrazione cittadina».
Per il restauro dell’opera il comune di Varese si è messo in moto fin dal giorno dopo il danneggiamento, incassando i ringraziamenti della famiglia: «Un sentito ringraziamento va al Comune di Varese che ha riportato a nuova vita questa opera importante nell’excursus storico-artistico di Vittorio Tavernari – ha commentato la figlia Carla Tavernari, anche a nome del fratello Giovanni, impossibilitato a presenziare per motivi di salute – dimostrando grande considerazione e attenzione per il Totem, cui anche mio fratello ed io siamo molto legati nel ricordo dei nostri genitori».
TAVERNARI, LA SUA PRESENZA A VARESE
Quella del Totem non è l’unica opera di Vittorio Tavernari nel comune di Varese: recentemente i figli di Tavernari, Carla e Giovanni, hanno donato al Comune alcune opere del padre, proprio per destinarle alla pubblica fruizione e al fine di arricchire il patrimonio artistico della città ed elevarne il prestigio. Quattro sculture tra quelle donate (Dormiente, Torso di Cristo, Torso femminile e Gioco di bimbi) erano già state concesse in comodato d’uso dagli eredi e da molti anni sono in dialogo con gli affreschi della musica al Castello di Masnago. Nuovo invece è il ciclo delle Quattro stagioni, opere in legno intagliato e dipinto, che a breve troveranno spazio nel nuovo allestimento del Museo d’arte moderna e contemporanea del Castello di Masnago.
L’opera di via Albuzzi fu invece collocata lì nel 1997, in occasione della grande mostra antologica dedicata all’artista al Castello di Masnago. Si tratta di una fusione in bronzo patinata eseguita in quell’anno dalla Fonderia Cubro di Novate Milanese individuata dalla Famiglia Tavernari e dallo scultore Paolo Borghi, noto artista di Malnate, tratta dal calco del Totem ligneo ancora attualmente esposto nel cortile interno ai Musei Civici del Castello di Masnago.
IL RESTAURO
Le operazioni di asportazione dei graffiti dal monumento di Vittorio Tavernari sono state eseguite dal restauratore Marco Vallino di Solbiate con Cagno e sono state precedute da una pulitura con detergenti neutri, fino all’asportazione totale della patina formatasi nel tempo di sporcizia e formazioni incrostanti di particolato. Il lavoro è stato effettuato su tutto il monumento oltre che sulle parti imbrattate. Sulla zona bronzea l’asportazione del graffito è stato eseguito con l’utilizzo di un mix di solventi, applicati tramite impacchi, idonei a non asportare le patine e i trattamenti originali e con l’ausilio di soluzioni gel. Infine, sulla zona bronzea, è stato applicato uno strato di protettivo dell’opera costituito da un mix di cere nobili. Per quanto invece riguarda la zona lapidea che costituisce il basamento della scultura, l’asportazione del graffito è stato eseguito con un leggero intervento meccanico tramite spazzoline per togliere la vernice superficiale a “secco”, poi con un’alternanza di solventi estrapolatori per asportare il più possibile il colore assorbito. A salvaguardia del basamento è stato applicato uno strato di antigraffito.
VITTORIO TAVERNARI, LA SUA STORIA
Vittorio Tavernari nasce a Milano nel 1919 ed è varesino d’adozione.
Il padre, Giovanni, è pittore e restauratore. Inizia l’apprendistato presso l’atelier di Francesco Wildt dove stringe amicizia con Bruno Cassinari, Umberto Milani, Carmelo Cappello e Dal Forno. Amico di Morlotti, divide con lui un piccolo studio a Como, frequentando il gruppo degli “Astrattisti”.
La passione per l’arte, nata in ambito familiare, si alimenta in quegli anni di sperimentazione con tecniche e materiali disparati, dalla pittura al disegno e all’incisione, fino alla lavorazione di gesso, cera, legno e pietra. Nel 1945 è fra gli artisti e critici fondatori della rivista “Numero” ed è tra i fondatori del manifesto “Oltre Guernica”. Le prime mostre personali sono a Milano alla Galleria del Camino (1948) e alla Galleria del Milione (1951) dove presenta le sue opere figurative.
Dopo il periodo astratto (1948-1952), riprende a scolpire il ciclo delle “Maternità” cui si aggiungono quello delle “Pietà” e delle sculture filiformi. Nel 1959 comincia il ciclo dei “Torsi” che hanno per tema la figura femminile e nel 1962 i “Torsi di Cristo”. Nel 1961 la prima personale a Parigi. Nel 1964, dopo altre partecipazioni, ha una sala personale alla XXXII Biennale di Venezia, mentre nel 1967 Carlo Ludovico Ragghianti scheda la produzione grafica costituita di 750 tra disegni, tempere, schizzi.
Nel 1968 inizia il ciclo dei “Cieli” e l’anno successivo quello degli “Amanti”. Nel 1973 la prestigiosa antologica al Museo Rodin di Parigi e, negli anni successivi, altre personali a Varese, Rimini, Prato, Chiasso, Torino, Lucca al Centro Ragghianti. Numerose le partecipazioni a mostre collettive in tutta Europa e in molti paesi extraeuropei. Le sue sculture sono presenti in importanti musei in Italia (Milano, Bologna, Roma, Palermo, Matera, Città del Vaticano) e all’estero (San Paolo del Brasile, New York, Bellinzona), alla collezione Guggenheim di Venezia proprietaria dell’opera il “Fiume” esposta a Villa Panza di Varese.
Lo scultore muore a Varese nel 1987.
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