Slitta di tre mesi l’udienza per l’indennizzo di Stefano Binda
A giugno la decisione della Cassazione sui 300 mila euro per l’ingiusta detenzione
«Sarei profondamente sconfortato se da giugno si arrivasse a settembre e da settembre magari a gennaio. No, meglio non dire nulla, e aspettare».
Stefano Binda è amareggiato per la notizia giunta pochi giorni fa dello slittamento della decisione dei giudici della Cassazione che devono valutare l’opposizione sollevata da Procura Generale di Milano e Avvocatura dello stato sull’indennizzo, somma che lo Stato gli deve per aver passato in carcere più di tre anni di vita da innocente.
Si tratta di 303 mila euro per 1286 giorni di ingiusta detenzione. La decisione sarebbe dovuta arrivare il 9 di marzo ma verso la fine di febbraio ecco la doccia fredda: slittamento di 90 giorni.
«Meglio non illudersi, è l’unico antidoto a questa situazione, anche perché qualora ci fosse stata la decisione il 9 di questo mese e qualora i giudici avessero deciso per l’immediata eseguibilità, l’erogazione di fondi spetta non al ministero della Giustizia ma a quello delle Finanze: potrei di nuovo trovarmi a dover bussare ad un’altra porta ancora».
Meglio «staccare la spina», dunque, e non pensarci, attendendo che la giustizia faccia il suo corso. Binda, 55 anni, era stato arrestato nel 2016 in custodia cautelare fino al giudizio di primo gradi nell’aprile 2018 quando venne condannato all’ergastolo, ppi assolto in appello e Cassazione «per non aver commesso il fatto», vale a dire l’omicidio di Lidia Macchi nel gennaio del 1987.
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