Bach alla fisarmonica: incantesimo serale a Villa Frua
Durante la prima serata musicale del Festival della Meraviglia a Laveno, il fisarmonicista belga Philippe Turiot è riuscito a congiungere la musica rigorosa del compositore tedesco col suono caldo e viscerale della fisarmonica

C’è una sala, a Laveno Mombello, dove venerdì sera il tempo si è fermato. Le pareti della storica Villa Frua hanno trattenuto il respiro, mentre la musica scardinava le regole e apriva portali verso l’inatteso. Il 16 maggio 2025 ha preso così vita il primo concerto serale della terza edizione del Festival della Meraviglia – e la meraviglia, davvero, non si è fatta attendere. Sul palco, una fisarmonica. E Bach.
Due mondi che sembrano non parlarsi mai. Due lingue lontane: quella rigorosa, celeste, del compositore tedesco, e quella calda, pulsante, a volte malinconica della fisarmonica, strumento errante, popolare, viscerale. Ma nelle mani di Philippe Turiot – fisarmonicista belga dal tocco poetico e visionario – quei due universi si sono non solo incontrati: si sono innamorati.
È bastato un respiro, un primo accordo, e il pubblico è stato rapito. Le note di Bach, rilette con rispetto e audacia, si sono fatte nuove: non tradite, ma liberate. E la fisarmonica, lontana da cliché e nostalgie, è diventata il ponte tra terra e cielo, tra storia e sogno.
Tra un brano e l’altro, Turiot ha raccontato. Con voce pacata e ironia gentile, ha condiviso il ricordo di una Vigilia di Natale di molti anni fa, quando sostituì il jukebox di famiglia con una cassetta di Bach. «Ho rovinato il Natale a tutti», sorride. Ma da quella “rovina” è nata una vocazione, un amore incrollabile per una musica che sa farsi preghiera, danza, invenzione.
E poi una confidenza: «Le migliori fisarmoniche del mondo sono italiane», dice, e invita tutti a (ri)scoprire lo strumento visitando il museo di Castelfidardo. Parole che sono insieme omaggio e invito, memoria e futuro.
A Laveno, però, il Natale non l’ha rovinato a nessuno. Anzi. Philippe Turiot ha regalato una sera d’incanto, in cui l’impossibile è diventato possibile, in cui l’inaspettato si è fatto arte. Una sera che ci ricorda quanto sia prezioso meravigliarsi. E che la meraviglia nasce anche nell’immaginare nuovi mondi che confondono i confini tradizionali: quelli delle abitudini, dei generi, degli strumenti.
Il Festival della Meraviglia è cominciato. Ma forse è meglio dire: è già decollato, verso cieli che ancora non conosciamo.
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