Cgil: “La gabbia salariale serve alla politica non ai lavoratori”
Franco Stasi, segretario provinciale della Cgil, interviene sulla proposta della Lega Nord di reintrodurre salari differenziati a seconda dei territori
«Le gabbie salariali non sono una questione sindacale ma vengono usate strumentalmente per una questione politica». Franco Stasi, segretario provinciale della Cgil, per una volta è d’accordo con il giuslavorista ed editorialista del "Corriere della Sera" Pietro Ichino che ha bocciato l’idea di Bossi in quanto anticostituzionale.Stasi, però, questa volta la posizione della Lega Nord è supportata dal documento della Banca d’Italia che parla di un divario del 17 per cento del costo della vita tra nord e sud.
«Non cambia nulla perché questo divario è contestuale a una economia sussidiaria. Quel divario c’è sempre stato, ma la risposta non puo’ essere quella di creare una differenza tra i lavoratori. Il contratto collettivo nazionale è un punto fermo. E poi le gabbie salariali sono state superate negli anni ’60».
E qual è allora la soluzione per recuperare quel divario sul costo della vita?
«Gli strumenti ci sono, come la contrattazione di secondo livello che puo’ essere estesa territorialmente. Il problema è che non sempre è esigibile, dipende dalle situazioni, dalle aziende, dai settori e dai territori».
E qual è allora la soluzione per recuperare quel divario sul costo della vita?
«Gli strumenti ci sono, come la contrattazione di secondo livello che puo’ essere estesa territorialmente. Il problema è che non sempre è esigibile, dipende dalle situazioni, dalle aziende, dai settori e dai territori».
In provincia di Varese la contrattazione di secondo livello la si fa già?
«Certo e siamo in linea con il dato nazionale, siamo al 40 per cento circa».
«Certo e siamo in linea con il dato nazionale, siamo al 40 per cento circa».
Perché non si puo’ aumentare quella quota?
«Perché il sindacato non è presente in tutte le aziende e in un tessuto economico di piccole medie imprese questo tipo di contrattazione diventa difficoltoso. Va da sé che sono necessarie anche le buone relazioni industriali che nella nostra provincia esistono e fanno parte di una buona tradizione».
«Perché il sindacato non è presente in tutte le aziende e in un tessuto economico di piccole medie imprese questo tipo di contrattazione diventa difficoltoso. Va da sé che sono necessarie anche le buone relazioni industriali che nella nostra provincia esistono e fanno parte di una buona tradizione».
Questo argomento potrebbe rinforzare l’unità sindacale, in crisi dopo l’accordo separato?
«Sul territorio continuiamo a fare cose insieme a Cisl e Uil, certo è che con un attacco così frontale al contratto collettivo nazionale una riflessione unitaria serve ed è necessaria».
«Sul territorio continuiamo a fare cose insieme a Cisl e Uil, certo è che con un attacco così frontale al contratto collettivo nazionale una riflessione unitaria serve ed è necessaria».
Il sindacato è comunque in una fase di crisi di rappresentanza, da dove si deve ricominciare?
«Certamente non dalla gabbia salariale. È un’ipotesi pericolosa per la coesione sociale che impoverirebbe ancora di più alcuni territori, perché i lavoratori si concentrerebbero nelle zone dove vengono pagati di più. I lavoratori devono poter far sentire la propria voce e incidere sulle decisioni e non vedersele calate dall’alto. Come Cgil noi abbiamo sempre creduto a questo metodo e la consultazione sull’accordo separato ne è la dimostrazione».
«Certamente non dalla gabbia salariale. È un’ipotesi pericolosa per la coesione sociale che impoverirebbe ancora di più alcuni territori, perché i lavoratori si concentrerebbero nelle zone dove vengono pagati di più. I lavoratori devono poter far sentire la propria voce e incidere sulle decisioni e non vedersele calate dall’alto. Come Cgil noi abbiamo sempre creduto a questo metodo e la consultazione sull’accordo separato ne è la dimostrazione».
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