“Parole in vita”, l’EP con cui Teoz mette al centro la voce e la scrittura
Nel suo primo EP, il rapper varesino classe 2001 mescola rap, pop e afrobeat per raccontare un percorso personale: tra fragilità, autocritica e parole che vogliono lasciare il segno. "Questo è un manoscritto, non lo chiamerei solo album"

Lo avevamo lasciato lo scorso autunno con 365, un singolo hip-hop dalle good (e reggae) vibrations. Ora, un anno dopo, Teoz, rapper varesino classe 2001, è tornato con un lavoro più strutturato: Parole in vita, il suo primo EP, pubblicato a maggio da Nuova Storia e realizzato insieme al producer Walter Deep, che ne firma produzione, mix e master.
Cinque i brani in scaletta, per un totale di quindici minuti. Un tempo “canonico”, da extended play, ma sufficiente a mostrare la versatilità dell’artista, che attraversa sonorità diverse mantenendo una direzione chiara, sia nel suono che nel racconto del proprio percorso.
A discapito del tempo in cuffia, il disco è denso. Non è – come spesso accade con un EP – un semplice biglietto da visita, ma un piccolo blocco di pensieri ordinati e riassunti in musica.
Ogni brano ha la sua identità. Cambiano i tono e il registro, si accumulano le immagini, ma il flusso musicale mantiene sempre una sua coerenza. Il focus resta infatti sempre “personale”, quasi una riflessione a voce alta, a microfono acceso, o, come sembra definirla lo stesso cantante, un’autoanalisi scandita da parole e beat. La scrittura alterna strofe serratissime, quasi delle “mitragliate”, e passaggi più melodici, con attenzione al flow e al linguaggio, in sintonia con un presente, quello dell’era della contemporanea fonazione, fatto di espressione continua, tra voce, video e messaggi. Non a caso, nelle barre di Teoz compaiono immagini taglienti: «Posso fare pop e ogni tipo di sottogenere. Ho sempre fatto a gara con me stesso e non con gli altri, perché vivere di riflesso lo fanno già tutti quanti. Se ti guardi allo specchio poi non vedi dentro i drammi. Per questo non scrivo rime, ma porto una psicanalisi».
L’EP si apre con Isola che non c’è, che svolge il ruolo di “manifesto” di questo primo lavoro, che rimane introduttivo al rapper. Teoz lo dice chiaramente fin dall’incipit: «Parole in vita, perché possono salvare davvero». Al centro della scaletta c’è Hotel, singolo pubblicato a fine marzo e realizzato in collaborazione con il rapper nigeriano Desholar. Il brano, che in quanto singolo rappresenta anche il “brano forte” dell’EP, unisce rap e afrobeat in modo fluido, e gioca un ruolo di snodo: segna il passaggio tra un “ideale” lato A, più diretto e ritmato, e un lato B più intimo e melodico. A chiudere il disco c’è Prometto, costruita su un pianoforte e sulla «fragilità» di Teoz, mentre Giappone rappresenta il brano più istantaneo all’orecchio dell’ascoltatore, con un ritornello cantabile e immediato. All’opposto, in posizione numero 2 della scaletta, c’è Penna + Calda, il pezzo più ruvido: un brano che prende posizione e racconta la scrittura come atto necessario. «Parole in vita, questo è un manoscritto, non lo chiamerei solo album. Ho faticato per giungere al punto, col cazzo che vado a capo». Probabilmente la barra che più di tutte racchiude il lavoro di Teoz.
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Il titolo Parole in vita, più volte richiamato nei testi (come nelle barre sopra riportate), racchiude infatti il senso dell’intero progetto musicale. L’obiettivo è ridare centralità al linguaggio, con parole che hanno peso, senso e suono. Le tracce mescolano rap, pop, dance e afro. Ogni abito tessuto da Walter Deep calza con la direzione impostata da Teoz, che sceglie di misurarsi davvero nella scrittura. Il resto – amore, fragilità, scelte, sogni – viene di conseguenza. E viene raccontato.
Teoz sarà ospite a Materia venerdì 27 giugno, per una serata dedicata al rap di provincia. Per scoprire di più:
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