“Siamo pronti a tutto, purché siano proposte serie”

Totò Burrafato, sindaco della cittadina siciliana, parla della chiusura dello stabilimento Fiat. «Qualche tempo fa Sergio Marchionne diceva che il nostro stabilimento era tra i primi in qualità. Poche macchine rientravano in officina durante il periodo di garanzia»

Automobili che vanno ad  azoto, energia solare e anche ad aria compressa. Basta andare su Youtube per vedere i prototipi e gli esperimenti in tema, alcuni credibil, altri un po’ meno. Comunque, se l’auto ecologica è per il mondo intero una risposta alla sostenibilità ambientale e alla crisi di mercato, così non è per lo stabilimento della Fiat di Termini Imerese, destinato a chiudere per volontà dei vertici della casa automobilistica torinese. Un danno enorme per la Sicilia, perché in quella fabbrica lavorano circa 1.300 persone che salgono a 2.200 se si conta anche l’indotto diretto e indiretto.
Molte delle proposte (compresa quella dell’auto ad aria compressa) di riconversione dell’impianto produttivo siciliano sono arrivate sulla scrivania del sindaco della città, Totò Burrafato, insieme a richieste di acquisto da parte di magnati orientali, perlopiù cinesi, più o meno affidabili. «Prima dell’incontro di Palazzo Chigi con il ministro Scajola – spiega il sindaco – c’è chi ha proposto una riconversione al fotovoltaico, chi al nucleare, ma noi eravamo legati alla visione Fiat. Dopo quell’incontro, siamo aperti a qualunque opzione forte e credibile purché sia accompagnata da un solido piano industriale».
Il primo cittadino di Termini Imerese è molto critico con Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat,  per non essersi confrontato con i lavoratori siciliani e non aver aperto una riflessione condivisa sul destino dello stabilimento. «L’ho incontrato a Roma durante il tavolo di confronto ministeriale e mi è sembrato avere un pizzico di arroganza, forse dettata dai successi internazionali – continua Burrafato -. Nell’occasione ha spiegato che Termini Imerese è antieconomico, perché non c’è indotto e perché la logistica non è perfetta. Però non ha ricordato ciò che lui stesso aveva affermato qualche tempo fa, e cioè che il nostro stabilimento era tra i primi per qualità, tanto che difficilmente una vettura prodotta da noi rientrava in officina nel periodo di garanzia. La verità è che quella decisione era stata già assunta e quindi era immodificabile».
Burrafato è preoccupato non solo per la perdita dei posti di lavoro, ma anche per la tenuta sociale del territorio che negli ultimi decenni ha investito tutto sulla produzione automibilistica. «Hanno scaricato l’anello più debole della catena, tirando in ballo la diseconomia del sito produttivo – conclude il sindaco -. Ma trent’anni fa quando hanno fatto la scelta di investire una quantità enorme di risorse finanziarie pubbliche, non si sono posti il problema e tanto meno hanno pensato alla violenza fatta al territorio. E quando il problema non sarà più di Fiat, diventerà nostro».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 11 Gennaio 2010
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