Chiude la Carlo Banfi, a casa in 60

Dal 1° marzo è scattata la messa in liquidazione della società, cigs e cassa in deroga per i dipendenti. "Una crisi finanziaria, non industriale" per un marchio storico nel settore delle macchine industriali

Ancora un’azienda storica in crisi. Stavolta è il turno della Carlo Banfi di Rescaldina, settant’anni di storia della metalmeccanica altomilnaese sempre nelle mani della famiglia del fondatore. Dopo una breve agonia iniziata ufficialmente verso Natale, dal 1° marzo la ditta, pesantemente indebitata, vede i circa 60 dipendenti in cassa integrazione straordinaria per un anno per la messa in liquidazione della società. Un problema che non riguarderà solo le famiglie direttamente coinvolte, ma anche una rete di circa 300 fornitori, molti di quali mono-committenti. Si attende ora di conoscere se si potrà addivenire ad un concordato preventivo, e in che misura si riuscirà a tutelare anche questi soggetti "terzisti".

A segnalare la notizia è un dipendente, levando il grido di dolore dei lavoratori lasciati "a piedi" nel giro di pochi settimane, a partire da una situazione finanziaria che si sapeva difficile, ma non si immaginava avrebbe condotto al baratro. Ancora una volta, fra l’altro, a chiudere è un’azienda che aveva un portafoglio ordini ancora nutrito, oltre a contare su una storia pluridecennale, quella di un laboratorio artigiano cresciuto nel dopoguerra in industria vera e propria, le cui macchine sabbiatrici e granigliatrici, i cui impianti per molle e barre erano molto richiesti ed apprezzati fino all’ultimo. Una vicenda che ricorda in qualche misura quella della Ibici di Busto Arsizio, perchè anche qui l’azienda aveva una lunga storia ed un marchio aziendale ben conosciuto.

«La situazione è molto complicata e poco gestibili, dicerto tra le più difficili che abbia mai visto» conferma per la Cisl Legnano-Magenta-Abbbiategrasso il sindacalista Giuseppe Viganò, che sta seguendo la vicenda. «Un problema finanziario, non industriale, che si trascinava da una decina d’anni, dopo la scomparsa del vecchio proprietario, e in cui la crisi dell’economia c’entra ben poco. Peccato perchè l’azienda è storica, ha un marchio davvero prestigioso nel settore: non meraviglia che ci fosse un interessamento di altre aziende a rilevare (era noto da qualche tempo, per la Banfi, l’interessamento di due società, una italiana e una tedesca), ma a fronte dei debiti, le trattative al momento ora vanno decisamente a rilento». Le prospettive insomma non sono rosee, «nè sul piano aziendale, per eventuali subentri di proprietà, nè su quello sindacale». Infatti i dipendenti sono per circa tre quarti della Carlo Banfi spa, ma altri (meno dei canonici 15 che fanno scattare tutta una serie di tutele) dipendono da Banfi Engineering: sicché per loro l’unica prospettiva è la cosiddetta cassa integrazione in deroga, più limitata rispetto all’ammortizzatore sociale previsto per gli altri colleghi. E anche questo complica le cose.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 02 Marzo 2010
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