Aldo Pecora e il “federalismo della legalità”

Il fondatore di Ammazzateci Tutti parla al teatro Fratello Sole: “Le mafie collaborano tra loro, deve farlo anche l’antimafia”. Lorenzo Frigerio (associazione Libera): “La criminalità organizzata ha colonizzato la Lombardia”

La mafia non è un’ipotesi o una prospettiva, ma una realtà di tutti i giorni, anche in Lombardia, anche a Busto Arsizio; in sintesi, riprendendo uno dei più gettonati slogan della giornata, “La mafia non ha regione”. Questo il leit motiv del doppio incontro al Teatro “Fratello Sole”, uno dei più attesi tra i nove organizzati nell’ambito di “Legalitàlia in Primavera”, per il calibro degli ospiti e la profondità dei temi trattati. Davanti agli studenti delle quinte superiori di tutti gli istituti partecipanti all’iniziativa, la mattinata è iniziata con un breve saluto del sindaco Gigi Farioli e del viceprefetto di Varese Andrea Polichetti, per poi proseguire con il dibattito vero e proprio; a fare da moderatore un vero pioniere dell’antimafia al Nord come Mario Portanova, giornalista de “L’Espresso”, “Wired” e “Il fatto quotidiano” e autore nel 1996 di “Mafia a Milano”, uno dei primi libri che svelavano la penetrazione della criminalità organizzata in Lombardia. “Da queste parti non si deve parlare di infiltrazioni, ma di una presenza significativa e articolata, con tanto di intimidazioni, estorsioni e omicidi – ha detto Portanova ricordando il processo Bad Boys in corso a Busto – e nessuno può pensare di essere immune. La mafia non è un’associazione criminale qualunque: penetra nella vita quotidiana della società e può diventare datore di lavoro, padrone di casa, o addirittura prendere decisioni politiche. Per questo va combattuta collettivamente, a partire dall’informazione”.

Sul processo che coinvolge alcuni esponenti della ‘ndrangheta di Lonate Pozzolo e Legnano è tornato anche Aldo Pecora, giovanissimo fondatore dell’associazione Ammazzateci Tutti: “Quando i ragazzi del liceo Scientifico hanno voluto assistere alle udienze, le famiglie mafiose hanno risposto con un messaggio ben chiaro: loro non vogliono che i ragazzi sappiano e si informino. Invece l’attenzione ci deve essere sempre, non solo in occasione di fatti di sangue, e da parte di tutti: dobbiamo imparare a recidere il nostro stesso organismo con il bisturi ed espellere le cancrene”. Ricordando la sua esperienza di lotta alla criminalità iniziata a Reggio Calabria nel 2005, dopo l’omicidio di Francesco Fortugno, Pecora ha poi aggiunto: “Come diciamo spesso, qui al Nord siete sempre più avanti di noi: al Sud c’è una mafia sola per regione, voi ce le avete tutte! Si è visto nel caso Scopelliti che le mafie lavorano anche fuori dal loro territorio e spesso collaborano tra di loro. Sarebbe bene che anche noi facessimo un “federalismo della legalità”, e proprio da qui viene il marchio Legalitàlia. È importante sviluppare da subito gli anticorpi nel contesto scolastico, ed è fondamentale anche la presenza delle istituzioni, perché, non nascondiamocelo, le manifestazioni non bastano”.

A raccontare le rispettive vicende nel campo del contrasto alla mafia sono poi intervenuti anche Lorenzo Frigerio, responsabile regionale di Libera (una delle più importanti associazioni antimafia nazionali), e Maurizio Pascucci, consigliere regionale dell’Arci Toscana. “Si potrebbe pensare che dagli anni Novanta a oggi non sia cambiato nulla – ha detto Frigerio – ma credo che non sia così, e la giornata di oggi dimostra che le persone hanno capito di non poter delegare ad altri la questione mafia. Ormai al Nord si parla di colonizzazione mafiosa, e bisogna avere ben chiaro che non sono i “cattivi” meridionali a portare la delinquenza: la scelta di utilizzare il crimine organizzato è stata fatta consapevolmente da un’intera classe dirigente di questa regione. Non ci può essere crimine organizzato se non c’è una cattiva economia, una cattiva politica, una cattiva società”. Nell’intervento di Maurizio Pascucci, protagonista con la sua associazione di numerose iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica toscana sull’argomento, si è affrontato invece il tema della cosiddetta mafia dei “colletti bianchi”, professionisti o imprenditori collusi con la criminalità organizzata: “Vendersi alle mafie – ha detto Pascucci – può garantire un benessere immediato, ma certamente non la felicità a lungo termine. Bisogna mantenere sempre la propria dignità e, per un altro verso, combattere l’omertà che spesso prevale anche nelle nostre regioni. C’è bisogno di un grande salto di qualità, anche dal punto di vista politico”.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 11 Aprile 2011
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