Fallimento per la Giovanni Crespi

Il giudice bustocco ha sciolto la riserva e ha nominato un curatore fallimentare. Il gruppo da 1100 dipendenti, in crisi dal 2008, ha provato a salvare alcuni asset dell'azienda come la Orsa di Gorla Minore

Il giudice della sezione fallimentare del Tribunale di Busto Arsizio, Sabrina Passafiume, ha sciolto la riserva in merito al fallimento della Giovanni Crespi, gruppo industriale fondato nel 1936, che è oggi una realtà internazionale con circa 1.100 dipendenti e presenze produttive in Italia, Polonia, Cina e Brasile. Il Gruppo Crespi è suddiviso in raggruppamenti che individuano le diverse linee di business: materiali sintetici, poliuretano espanso, tessuto non tesuto e attività industriale Polonia, attive nella creazione, produzione e commercializzazione di materiali speciali destinati principalmente ai mercati dell’arredamento, della calzatura, della pelletteria, dell’abbigliamento, dell’auto, delle costruzioni, dei casalinghi e del medico-ospedaliero, con vendite in più di 60 paesi nel mondo. Dal 1995 il gruppo è quotato in Borsa.

Finisce nel modo peggiore la lunga crisi di uno dei tre pilastri dell’industria legnanese del novecento, iniziata nel 2008 con il primo tentativo di riorganizzare l’intero gruppo che aveva concentrato a Buscate la produzione, chiudendo lo storico stabilimento legnanese. Per rispondere alle banche creditrici la famiglia Crespi aveva deciso di investire ulteriori 10 milioni di euro per ristrutturare un reparto di produzione, condizione essenziale per riottenere la fiducia degli istituti bancari, ma le difficoltà del mercato immobiliare non hanno permesso la vendita di alcuni immobili, bloccando di fatto l’investimento. Nel marzo 2013 la proprietà si è trovata alle strette e ha presentato una domanda di concordato preventivo con l’obiettivo di salvare il salvabile. Venduta la Orsa Foam di Gorla Minore, che produce poliuretano espanso, e la controllata Nuova Mabel stavano per chiudere un accordo con alcuni imprenditori cinesi interessati ad entrare nella compagine aziendale. 

Nonostante questo interessamento – che aveva portato il giudice bustocco a rinviare la decisione sul fallimento – gli stessi liquidatori stavano per presentare domanda di fallimento, spingendo definitivamente il tribunale a chiudere la questione per tutelare i creditori. Il curatore è già stato nominato e nelle sue mani è ora la gestione dello stabilimento di Buscate dove lavorano ancora 40 dei 150 dipendenti. Molto probabilmente la scelta sarà quella di proseguire con  la produzione e capire se ci sono margini per l’ingresso di un nuovo imprenditore interessato a proseguire la produzione.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 23 Settembre 2014
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