Alla scoperta di Adulis, antica città nel Corno d’Africa

Gli scavi avviati dai fratelli Castiglioni, a cui collabora l'Università dell'Insubria, saranno presentati venerdì 7 giugno a Villa Toepltiz

scavi adulis in eritrea

L’importante scavo archeologico di Adulis in Eritrea raccontato da chi ci è stato.

Una conferenza, per presentare i risultati emersi dalla campagna di scavi che si è conclusa a marzo, è in programma venerdì 7 giugno alle 17 nella sala seminari di Villa Toeplitz, sede del Centro Storie locali dell’Insubria.

Relatori sono l’archeologo Angelo CastiglioniSerena Massa, docente dell’Università Cattolica di Milano, e Omar Larentis, dottorando dell’Università dell’Insubria, che promuove l’evento in collaborazione con il Centro ricerche sul deserto orientale (Cerdo) e con il Museo Castiglioni, dove al termine della conferenza è proposta una visita guidata alla mostra «Magie d’Africa. Religioni, misteri, simboli» che si è da poco inaugurata. 

Adulis, l’antico porto sul Mar Rosso dove i varesini Alfredo e Angelo Castiglioni nel 2011 hanno avviato un importante progetto di cooperazione internazionale, ancora una volta sta rivelando importanti risultati scientifici e storici.

Quest’anno ha partecipato anche l’Università dell’Insubria, che si è unita all’équipe che già da anni opera nel sito e comprende il Ministero della Cultura e dello Sport dell’Eritrea, il Museo Nazionale di Asmara e quello regionale di Massawa, l’Università Cattolica e il Politecnico di Milano, l’Università Orientale di Napoli, il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana del Vaticano.

Le novità, soprattutto di natura antropologica, risultanti dallo scavo di alcune sepolture sono materia dell’intervento di Omar Larentis, accompagnato da un breve documentario e da numerose immagini. L’incontro è introdotto da Angelo Castiglioni e Serena Massa, rispettivamente direttore e coordinatrice scientifica della missione.

Gli scavi di Adulis stanno rivelando ogni anno sempre maggiori informazioni su questa straordinaria città del Corno d’Africa, sepolta da una violenta alluvione forse accompagnata anche da un terremoto.  Questa ipotesi è suggerita dagli oggetti rinvenuti interi negli strati del terreno e dai tesoretti di monete occultati in vasi di terracotta, abbandonati in fretta dagli abitanti per sfuggire alla catastrofe, come avvenne per Pompei di fronte all’avanzata dei lapilli e delle ceneri dell’eruzione vesuviana.

Adulis, nota già per le fonti antiche come Plinio il Vecchio, era probabilmente già stata raggiunta dalle spedizioni faraoniche nel II millennio a.C., che identificavano questa zona della costa meridionale del Mar Rosso con il nome di Terra Punt, nella quale ricercavano merci rare ed animali esotici. Gli scavi stratigrafici, attualmente circoscritti alle fasi più recenti del sito, hanno portato alla scoperta di eccezionali testimonianze paleocristiane, rappresentate da tre basiliche risalenti al V-VI secolo, le più antiche del Corno d’Africa. In futuro, gli stessi scavi potranno confermare, con il ritrovamento di reperti di origine egizia, che la zona di Adulis corrisponde effettivamente alla mitica Terra di Punt.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 04 Giugno 2019
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