Ripartire dai bambini: l’appello del Melograno alla ministra Azzolina
Il mondo dei bambini non può esaurirsi all'interno delle mura domestiche: l'associazione chiede attenzione alle esigenze dei bambini, il nostro futuro futuro

Il Melograno (associazione nazionale nata quasi 40 anni fa con l’obiettivo di promuovere una cultura della maternità e della prima infanzia e che, oltre alla sede di Gallarate, contra altri 16 centri in tutta Italia), scrive alla ministra Azzolina e ai 18 componenti del Comitato di esperti per il nuovo Piano Scuola, per porre attenzione ai bambini o meglio alle “persone in età 0-6 anni”.
Perché “se i bambini e le bambine sono il futuro del nostro paese è dai bambini e dalle bambine, forse è proprio da loro che dovremmo ripartire”, si legge nella lettera che rifiuta l’idea di considerare i piccoli come una questione esclusiva delle singole famiglie, ma che riguarda invece l’intera collettività.
L’associazione pone l’accento su temi di carattere pratico (soprattutto per i genitori che continuano a lavorare o ricominceranno a farlo nei prossimi giorni), sul ruolo sociale ed educativo insostituibile (né dalle famiglie, né dalle babysitter) di nidi e scuole dell’infanzia, e sugli indispensabili riti di passaggio da garantire a chi tra giugno e settembre passerà da un ciclo scolastico all’altro, anche senza esami.
Di seguito un estratto della lettera.
Qui il testo completo della lettera del Melograno.
.Come associazione che si fa portavoce dei bisogni dei bambini e delle bambine crediamo sia doveroso far emergere la necessità di far uscire questa fascia di età dall’invisibilità. Il mondo delle bambine e dei bambini non può e non deve esaurirsi all’interno delle mura domestiche.
Hanno bisogno di socialità, come necessità di rapportarsi con i loro pari e come “palestra comunitaria”; hanno il bisogno di sperimentare, che nell’isolamento è sicuramente un po’ limitata; hanno il bisogno di separarsi dai propri genitori e di entrare in relazione con altri adulti di riferimento con i quali mettere in campo aspetti diversi del proprio essere; il bisogno di sperimentare luoghi protetti diversi dalle mura domestiche. Crediamo fortemente che sia necessario, a livello politico, non solo porsi delle domande su come meglio gestire l’organizzazione della didattica a distanza ma anche porsi delle domande sul come la stiamo gestendo e soprattutto su come vorremo gestire i mesi futuri.
Lo stesso Miur riconosce al sistema integrato 0-6 obiettivi specifici e di grande rilevanza pedagogica e sociale. In questa situazione emerge, infatti, prioritario “ridurre gli svantaggi culturali, sociali e relazionali promuovendo la piena inclusione di tutti i bambini e rispettando e accogliendo tutte le forme di diversità”.
Al momento infatti abbiamo milioni di bambini in situazioni di rischio, senza protezione o in situazioni abitative e famigliari al limite o che non si possono permettere nemmeno di mantenere viva una relazione con gli adulti di riferimento a causa di mancanza di strumenti. La chiusura/apertura delle agenzie della prima infanzia, come delle scuole, non può essere un problema della singola famiglia, ma deve essere un PROBLEMA DI COMUNITÀ. Non per niente “per crescere un bambino ci vuole un villaggio”. Senza fare retorica, se i bambini e le bambine sono il nostro futuro forse è proprio da loro che dovremmo ripartire. Possibile che quasi 3 milioni di bambini dai 0 ai 5 anni del 2019 non siano un problema collettivo?Nidi e scuole dell’infanzia hanno il compito di “sostenere la primaria funzione educativa delle famiglie” e di “favorire la conciliazione tra i tempi di lavoro dei genitori e la cura dei bambini”.
In questa situazione, in un’ottica di lento rientro alla normalità, i genitori che torneranno nelle fabbriche e negli uffici, come faranno? La “babysitter” è realmente una soluzione facilmente percorribile per i genitori? E come faranno le numerosissime famiglie che ricorrono ai nonni, quando in questo momento proprio quella generazione è la generazione da proteggere?Altro tema che ci sta molto a cuore… in tutti i ragionamenti che si sono susseguiti finora non abbiamo mai sentito parlare di come gestire al meglio i passaggi da un grado scolastico a quello superiore, soprattutto per quei passaggi che non prevedono un “rituale” come gli esami. Davvero pensiamo che un bambino o una bambina possa passare dal nido alla scuola dell’infanzia o dalla scuola dell’infanzia alla primaria, senza alcun tipo di chiusura e di rito di passaggio? Leggeremmo mai un capitolo nuovo di un libro senza aver terminato il precedente? Ci capirei qualcosa, ne sarei pronto? O sarei quasi obbligato, in termini di necessità, a tornare indietro per fare chiarezza?
Anche questo è un problema del singolo genitore o di qualche educatrice particolarmente illuminata? O è una questione di comunità e quindi di competenza di chi dovrebbe “guidare” il pensiero?Uno Stato o una società in grado di ripartire dai bambini e dalle bambine è uno Stato o una società adatta a tutti. In fin dei conti un ambiente fisico e sociale adatto ad un bambino, è alla portata di tutti. E se questa emergenza ci portasse finalmente a ripensare alla nostra società a partire dai bambini e dalle bambine?
Ci sono cambiamenti nella vita delle persone che sono più profondi e significativi dei comportamenti che dovremmo adottare nei prossimi mesi.
Una società che si ripensa partendo dalle bambine e dai bambini è una società che decide di prendersi in carico il Futuro di questo Paese.
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