Indagini e accertamenti sull’omicidio-suicidio di Mesenzana
Continuano gli accertamenti dei carabinieri che hanno acquisito le cartelle cliniche di Rossin all’ospedale di Cittiglio. Si attende l’esecuzione e il risultato dell’autopsia

Le indagini sulla tragedia di Mesenzana in realtà sono accertamenti, e transitano attraverso alcuni passaggi formali che non lasciano presagire sviluppi investigativi di sorta e che – è scontato – non porteranno all’identificazione di alcuna responsabilità sull’accaduto diverse dalla mano del suicida. Una tragedia di due innocenti, giovanissimi.
La mente viaggia diretta ai primi di gennaio quando un’altra strage bianca è avvenuta in provincia di Varese con ciò che ne è seguito: il caso Paitoni, l’omicidio di Morazzone. Ma qui è diverso perché non c’è indagato, sebbene le attività da parte dei carabinieri siano tuttora attive, da prassi: dopo aver raccolto la maggioranza delle sommarie informazioni testimoniali di parenti e amici sul duplice omicidio di Mesenzana e sul suicidio dell’adulto, i militari hanno già acquisito le cartelle cliniche stilate dai medici della psichiatria di Cittiglio relative al periodo di ricovero del Rossin, risalente ad alcuni anni fa, documentazione trasmessa alla Procura di Varese e al pubblico ministero titolare delle indagini, la dottoressa Giulia Floris che fa parte del team “fasce deboli“ voluto dalla procuratrice Daniela Borgonovo proprio per affrontare reati di questa natura.
L’analisi di quei documenti potrebbe rappresentare un elemento importante per fotografare con precisione quale fosse la patologia di cui l’uomo soffriva, dal momento che dal complesso delle testimonianze finora emerse non vi sarebbero elementi a conoscenza persino degli amici più intimi, ma solo noti alla coppia. La magistratura ha disposto l’autopsia che secondo fonti investigative potrebbe avvenire già nei prossimi giorni, forse al principio della settimana, da cui sarà possibile escludere ogni dubbio su quello che già si presuppone, cioè che i fatti siano avvenuti nel sonno per i ragazzi e che tutto sia avvenuto a mente lucida da parte dell’omicida, dopo essersi alzato dal letto all’alba e aver bevuto una moka di caffè prima di fare quello che ha fatto e nonostante un vecchio precedente di polizia per droga, una “modica quantità”.
È questo – il nulla – che emerge dallo scandaglio della banca dati “ced“ interforze dove figura la vita di ciascun cittadino, dai controlli di polizia, anche alla patente, o durante una passeggiata, fino alle uscite delle pattuglie dei carabinieri, per esempio, se due coniugi litigano o se avvengono aggressioni, o altro ancora che abbia a che vedere con la pubblica sicurezza e il controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine: niente di tutto questo è stato trovato dai militari. Sul fronte della vita quotidiana, Mesenzana ha ripreso il suo lento tran tràn fatto di frontalieri, artigiani, boscaioli e casalinghe: la spesa al supermercato e il caffè al bar della piazzetta dove d’altro non si parla dopo il “bianco“ di mezzogiorno.
Il paese è ammutolito e gli sguardi sono fatti fra i concittadini che non hanno bisogno di dirsi nulla, prima di scuotere la testa, evitando accuratamente di scadere nel “come va?”. No, non è giornata oggi. Neppure per i genitori dei tanti studenti che ogni giorno arrivano alla scuola del paese, anche dai paesi vicini, da Grantola, Brissago o Cassano Valcuvia: mamme, papà preoccupati per le ricadute psicologiche di un evento di tale portata che forse solo la riflessione assieme agli psicologi, e la preghiera, potrà risolvere. Nella messa di questa sera verranno ricordati tutti i morti di Mesenzana. E due nomi, quelli di Alessio e Giada, che non ci sono più.
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