Lidia Macchi, respinta la ricusazione, mercoledì l’udienza
La sentenza potrebbe arrivare già in giornata dopo la decisione della quinta sezione della corte d’Appello
La notizia è arrivata nel primo pomeriggio di lunedì dall’avvocato Daniele Pizzi estensore della richiesta di ricusazione – un meccanismo che punta a chiedere il cambiamento della corte – nel procedimento di secondo grado che vede imputato Stefano Binda per l’omicidio di Lidia Macchi, 32 anni fa.
Pizzi, che patrocina la parte civile rappresentata dalla madre e dai due fratelli della vittima, presentò al termine della scorsa udienza, il 18 luglio, la richiesta di ricusazione per “indebita anticipazione del convincimento da parte dei giudici“.
Un provvedimento che, se accettato, avrebbe fatto ripartire l’appello daccapo, e certamente, quindi non prima di settembre. Invece si tornerà in aula nella giornata già calendarizzata dove la corte presieduta da Ivana Caputo e a latere da Franca Anelli (oltre ai sei giudici popolari).
Sulla vicenda legata al rigetto della ricusazione deciso oggi l’avvocato Pizzi ha affermato che «siamo veramente amareggiati da questa decisione, in quanto l’auspicio era che – così come era stato per il primo grado dinanzi alla Corte d’Assise di Varese – anche il processo d’appello potesse svolgersi in serenità e con le tempistiche che un caso così complesso e delicato richiede».
«Riteniamo che fissare 3 udienze in soli 13 giorni sia sinonimo di una fretta e superficialità davvero esagerate, soprattutto se si considera che erano 9 mesi, dall’ottobre scorso, che si attendeva l’inizio di questo processo. In particolare restiamo convinti che la Corte d’Assise d’Appello, anziché procedere in questo modo, avrebbe dovuto prevedere approfondimenti tecnici ulteriori, disponendo quantomeno una perizia grafologica, magari collegiale, che fugasse ogni dubbio sulla paternità degli scritti attribuiti a Stefano Binda», ha concluso il legale.
Salvo sorprese dell’ultim’ora, la giornata in tribunale potrebbe cominciare col presidente che darà la parola, alla pubblica accusa, poi alla parte civile e in ultimo alla difesa, cui potrebbero seguire repliche e la camera di consiglio, con la decisione.
Sarà “il giorno più lungo“ – dal punto di vista processuale il secondo – per Stefano Binda, ora in carcere a Busto Arsizio.
Non essendo detenuto per altra causa, in caso di assoluzione tornerebbe immediatamente in libertà.
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